Ogni giorno un numero di illusionismo politico. Anche questa volta la protagonista è Giorgia Meloni e il tema è l’assegno unico familiare. Un tema delicato, che tocca le corde sensibili di milioni di famiglie italiane e che meriterebbe un’analisi attenta, al di là delle dichiarazioni roboanti.
La presidente del Consiglio, in un video sui social network, ha recentemente dichiarato che il suo governo sta “dando battaglia in Europa” per difendere l’assegno unico. Secondo Meloni la Commissione europea vorrebbe che questa misura fosse estesa “a tutti gli immigrati che esistono in Italia”, il che equivarrebbe a “uccidere l’assegno unico”. Parole forti, che dipingono uno scenario apocalittico per una delle misure di sostegno alle famiglie più importanti degli ultimi anni. La realtà, come spesso accade, è ben diversa da quanto affermato dalla premier. Pagella Politica ha analizzato attentamente la questione e no, le cose non stanno per niente così.
La realtà dietro le dichiarazioni: cosa chiede davvero l’Ue
L’assegno unico e universale, introdotto dal governo Draghi nel 2021, è una misura di sostegno economico per tutte le famiglie con figli a carico, indipendentemente dalla condizione lavorativa dei genitori. Un provvedimento che, ironia della sorte, aveva visto il voto favorevole di Fratelli d’Italia, allora all’opposizione.
La Commissione europea ha effettivamente mosso delle critiche all’attuale struttura dell’assegno unico. Tuttavia non si tratta di un attacco indiscriminato o di una richiesta di estensione a “tutti gli immigrati”, come vorrebbe far credere Meloni. Il nodo della questione riguarda la conformità della misura al diritto europeo, in particolare al principio di non discriminazione tra lavoratori dei diversi Stati membri dell’Ue.
Secondo la Commissione il requisito dei due anni di residenza in Italia per accedere all’assegno unico rappresenterebbe una discriminazione nei confronti delle famiglie di cittadini Ue trasferitesi da poco nel nostro Paese per motivi di lavoro. Una critica che si basa su principi fondamentali del diritto europeo, come la libera circolazione dei lavoratori e la parità di trattamento.
Discriminazione o adeguamento? Il vero nodo della questione
È fondamentale sottolineare che queste richieste di modifica riguardano principalmente i cittadini comunitari, non “tutti gli immigrati” come affermato da Meloni. La fonte della Corte di giustizia dell’Ue citata da Pagella Politica chiarisce che i regolamenti in questione si riferiscono specificamente ai “diritti dei lavoratori europei, dei rifugiati e delle loro famiglie”, senza includere esplicitamente i lavoratori immigrati da Paesi non Ue.
Certo, esistono accordi tra l’Ue e alcuni Paesi terzi che potrebbero portare a un’estensione dei beneficiari anche al di fuori dei confini dell’Unione. Ma si tratta di casi specifici, non di un’apertura indiscriminata come paventato dalla premier.
La realtà, dunque, è ben più sfumata di quanto Meloni voglia far credere. Non si tratta di “uccidere l’assegno unico”, ma di adeguarlo ai principi di non discriminazione su cui si fonda l’Unione Europea. Un processo certamente complesso, che potrebbe richiedere una revisione dei criteri di accesso e un possibile aumento degli stanziamenti, ma non certo la fine della misura.
È comprensibile che il governo voglia difendere una politica di sostegno alle famiglie italiane. Ma è altrettanto importante che questa difesa si basi su fatti concreti e non su distorsioni della realtà. Le famiglie italiane meritano chiarezza e onestà, non spauracchi agitati per fini politici.
L’assegno unico non è in pericolo di morte. Ciò che rischia di morire, se non stiamo attenti, è la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nella politica, minata da dichiarazioni che giocano con le paure invece di affrontare le sfide con onestà e pragmatismo.