Dopo il pressing degli Stati Uniti di Joe Biden su Israele e Hamas per raggiungere un accordo di cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, si registrano i primi timidi tentativi di riprendere le trattative. Ancora una volta, il dibattito si concentra sul corridoio di Philadelphi, richiesto come condizione sine qua non dai terroristi palestinesi per sedersi al tavolo delle trattative. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha più volte dichiarato di voler mantenere il controllo del corridoio a tempo indeterminato.
In questo contesto, la novità è che, nonostante le dichiarazioni pubbliche del leader di Tel Aviv, dietro le quinte qualcosa si starebbe muovendo. Infatti, i negoziatori israeliani hanno fatto sapere ai mediatori di sostenere ancora un ritiro completo delle forze di difesa israeliane (IDF) dal piccolo lembo di terra tra l’Egitto e Gaza, che dovrebbe avvenire nel corso della seconda fase dell’accordo. A riferirlo è la TV pubblica Kan, con un servizio in cui si afferma che l’ufficio politico di Netanyahu non ha smentito la notizia, limitandosi a dichiarare che il gabinetto di sicurezza non ha ancora discusso nel dettaglio la seconda fase dell’accordo.
Biden in pressing su Bibi: spiragli di pace a Gaza
Questa dichiarazione ha il sapore della pretattica, poiché dagli Stati Uniti l’amministrazione di Joe Biden fa trapelare la notizia che, in realtà, Israele ha già accettato l’ultima proposta, che richiede all’IDF di ritirarsi dalle aree densamente popolate lungo il corridoio di Philadelphi durante la prima fase dell’accordo, lasciando all’esercito israeliano la possibilità di sorvegliare — seppur temporaneamente — le zone adiacenti al corridoio stesso. Una bozza che, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, soddisfa “la maggior parte” delle richieste di Hamas, dal momento che Israele ha fatto “molte concessioni”.
Sempre secondo quanto si legge sul quotidiano americano, la maggior parte dei termini dell’accordo sono stati concordati dalle parti, anche se Hamas continua ad avanzare pretese per guadagnare altro tempo. Il problema è che, all’interno dell’esecutivo di Netanyahu, non tutti sembrano remare dalla stessa parte. Infatti, il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, ha dichiarato di “lavorare per mettere fine ai negoziati con Hamas” in quanto “un Paese a cui uccidono sei ostaggi a sangue freddo non conduce negoziati con gli assassini, ma interrompe i colloqui, blocca il trasferimento di carburante ed elettricità e li schiaccia fino a farli crollare”. “Proseguire con i colloqui non fa che incoraggiarli a creare sempre più terrore, anche in Giudea e Samaria”, ha concluso il leader dell’estrema destra.
L’esercito israeliano avverte Bibi: ha ragione Biden, proseguendo la guerra a rischio la vita degli ostaggi
Quel che è certo è che continuare a combattere mette sempre più a rischio la vita degli ostaggi israeliani ancora in mano ai terroristi palestinesi. A dirlo senza mezzi termini sono le forze armate di Tel Aviv, che hanno lanciato un avvertimento a Netanyahu, spiegando che qualsiasi espansione dell’operazione militare a Gaza rischia di compromettere l’incolumità dei prigionieri.
L’esercito israeliano ha inoltre fatto sapere che, fino ad oggi, la strategia di intervento è sempre stata quella di evitare di entrare in aree in cui l’intelligence riteneva probabile la presenza di ostaggi. Tuttavia, qualcosa è andato storto durante il blitz del fine settimana nel tunnel di Rafah perché, sempre secondo i militari, non c’era stato alcun avviso. Così, quando è stata tentata l’irruzione, i terroristi hanno brutalmente giustiziato i sei prigionieri.