Non solo l’Italia. I Paesi europei sono in ritardo con l’assorbimento dei fondi del Pnrr. A dirlo, riferendosi ai dati disponibili a fine 2023, è la Corte dei Conti Ue. “Lanciamo un segnale d’allarme, perché a metà percorso i Paesi Ue avevano attinto a meno di un terzo dei finanziamenti previsti ed erano avanzati per meno del 30% verso i traguardi e gli obiettivi prefissati”, afferma la responsabile dell’audit, Ivana Maletic.
Il timore è che continuino ad accumularsi ritardi e, di conseguenza, le misure rischiano di non essere completate. A fine dello scorso anno agli Stati membri sono stati trasferiti 213 miliardi per 6mila traguardi e obiettivi totale. Uno dei problemi che viene sottolineato riguarda i ritardi, perché la normativa non prevede la possibilità di recuperare i fondi se le misure non vengono completate. E qui arriviamo alle scadenze.
I ritardi e le scadenze di fine Pnrr
In primis, quelle italiane. Infatti il 62% degli investimenti previsti dal Piano del nostro Paese, sottolinea la Corte dei Conti Ue, dovrà essere finalizzato negli ultimi otto mesi del Pnrr, nel 2026. In quel periodo l’Italia dovrà realizzare ben il 28% degli obiettivi totale, per ricevere il 19% dei fondi complessivi. In generale, nel 2026 gli Stati membri hanno previsto traguardi e obiettivi per il 39% degli investimenti e per il 14% delle riforme.
Le cause dei ritardi nell’attuazione dei Piani nazionali in tutta l’Ue sono ricorrenti: dall’aumento dell’inflazione alla carenza di materie prime, dal cambiamento del contesto politico alla sottovalutazione del tempo necessario per attuare alcune misure. I ritardi, come ormai sappiamo da tempo, non risparmiano l’Italia, pur essendo tra i Paesi che hanno ricevuto più pagamenti.
Fino al momento analizzato dai giudici contabili Ue, l’Italia ha ottenuto il 46% dei fondi totali assegnati fino al 2026 e ha raggiunto il 34% di traguardi e obiettivi. In valori assoluti è prima per obiettivi, ma non in percentuale, venendo dopo Francia (53%) e Lussemburgo (41%). Tra i traguardi raggiunti ci sono quelli sulle riforme della pubblica amministrazione e sull’aumento della capacità amministrativa delle autorità locali, ma non mancano altre difficoltà. Come, per esempio, quelle relative all’elevato avvicendamento del personale assunto o alle procedure troppo complesse per l’attuazione del Pnrr, a fronte di organici spesso non sufficienti di fronte a questa mole di lavoro.