Dopo il rapporto sullo Stato di Diritto di luglio scorso, dall’Europa arriva una nuova (l’ennesima) mazzata per l’Italia e il suo sistema regolatorio. Questa volta, a martellare il nostro Paese ci ha pensato il “Greco” (Group of States against corruption), l’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa, che nel suo ultimo “Rapporto di Valutazione” non è stato affatto tenero. L’Italia infatti deve migliorare le norme e adottare linee guida “chiare ed esaustive” per prevenire e risolvere i potenziali conflitti d’interesse.
Il documento, come spiegato dal Consiglio d’Europa, ha il compito di valutare l’efficacia del quadro normativo vigente in Italia per la prevenzione della corruzione nei confronti delle persone che ricoprono funzioni esecutive di alto livello.
Tra questi il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri con e senza portafoglio, i Sottosegretari di Stato, i Commissari straordinari del Governo e Speciali, nonché il personale degli Uffici di diretta collaborazione, che forniscono consulenze al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri, (tutti denominati “PTEF”), e del personale della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
Secondo gli ispettori, il nostro Paese non è affatto messo bene, poiché “le norme attuali chiaramente non coprono e non possono coprire tutte le situazioni in cui gli interessi di un ministro o di un consigliere potrebbero influenzare, o sembrare influenzare, l’esercizio obiettivo e imparziale delle sue funzioni ufficiali”.
Il Greco, nel suo rapporto, rivolge in totale 19 raccomandazioni per migliorare l’efficacia delle disposizioni sulla materia (la cui attuazione sarà valutata dall’organismo internazionale nel 2026 attraverso la sua procedura di conformità), delle quali ben 13 riguardano figure che ricoprono funzioni esecutive e altre 6 le forze dell’ordine.
Nel documento si osserva che “l’Italia dispone di un quadro normativo di dimensioni considerevoli in materia di prevenzione e lotta alla corruzione”, ma anche che questo insieme di disposizioni “è complicato da applicare, a scapito della sua efficienza”, e che questo “è evidente nella regolamentazione dei conflitti di interesse”.
Inoltre da Strasburgo si rimarca come “nel diritto italiano non esiste una definizione generale della nozione di conflitto di interessi” e che “al contrario, diversi testi ne affrontano aspetti diversi per differenti categorie di persone”. Tra le raccomandazioni rivolte all’Italia c’è anche quella “di adottare un codice di condotta per le persone con funzioni esecutive di alto livello che deve essere reso pubblico e contenere norme chiare relative ai conflitti di interessi e ad altre questioni che riguardano l’integrità, come regali, contatti con lobbisti e terzi in generale, attività esterne, contratti con autorità statali, la gestione delle informazioni confidenziali e le restrizioni post-incarico”.
Nel rapporto si fa anche un esempio concreto: “mentre i membri del Governo non possono esercitare altre funzioni o attività durante il proprio mandato”, si legge, “non esistono norme o restrizioni in vigore sull’esercizio di attività accessorie da parte dei membri degli Uffici di diretta collaborazione”. “Questa mancanza di norme comuni è preoccupante, tanto più che alcuni consulenti lavorano per i ministeri part-time o con contratti di consulenza, mantenendo le loro ulteriori attività”.
Da Strasburgo si sottolinea poi che è assolutamente necessario “garantire che tutte le violazioni delle norme applicabili comportino sanzioni adeguate, cosa che attualmente non avviene”. In Paese di Bengodi, insomma, quello descritto dagli ispettori, che ricordano poi come la percezione della corruzione in Italia resti al di sopra della media UE.
Secondo il Barometro Globale sulla Corruzione 2021 di Transparency International, l’85% degli italiani pensa che la corruzione nel Governo sia un grave problema (media UE: 62%), mentre il 58% teme eventuali ritorsioni nel denunciare la corruzione (media UE 45%). Il Barometro Speciale sulla Corruzione 2023 della Commissione Europea poi indica che l’85% degli intervistati in Italia pensa che la corruzione sia diffusa nel proprio Paese (media UE: 70%). Dati non certo edificanti.
Riguardo alla Polizia di Stato, ai Carabinieri e alla Guardia di Finanza, il GRECO è preoccupato per la bassa rappresentanza delle donne, soprattutto ai livelli dirigenziali. Tutte e tre le forze hanno un solido sistema in atto per la prevenzione e la gestione dei rischi di integrità. Potrebbe, tuttavia, essere migliorato introducendo controlli di integrità nel contesto di trasferimenti e promozioni, nonché a intervalli regolari per le funzioni più esposte.
La Polizia di Stato non ha un codice di condotta dedicato e i Carabinieri e la Guardia di Finanza devono integrare le loro regole etiche con una guida più pratica; tutte e tre le forze dovrebbero inoltre introdurre meccanismi per la consulenza riservata su questioni di integrità. Infine, dovrebbero essere organizzate attività di sensibilizzazione dedicate a tutto il personale su base regolare sulle misure di protezione dei whistleblower.