Un film già visto. Lo scorso anno il primo tentativo era fallito e il governo non è riuscito a ritoccare le spese fiscali – detrazioni, deduzioni, agevolazioni e bonus – per ricavare qualche risorsa in più per la manovra. Ma quest’anno ci riprova. Attualmente le tax expenditures valgono circa 105 miliardi l’anno, per un totale di 625 misure.
Nessuno è come l’Italia, anche perché i governi puntano spesso al vantaggio di uno sgravio fiscale il cui costo pesa sul futuro e non sulla spesa di oggi. Ma finora, nonostante i diversi tentativi, nessuno è riuscito a incidere veramente con una sforbiciata di peso.
Manovra, il piano del governo per tagliare detrazioni, deduzioni e bonus
Al momento, in vista della legge di Bilancio, l’esecutivo sembra puntare senza indugi sulle piccole spese fiscali, quelle che cubano al massimo 10 milioni. A cui aggiungere, magari, un sistema di franchigie per attenuare gli sgravi per i redditi più alti.
Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, studia le ipotesi di una sforbiciata da tempo, avendo anche affidato il compito a una commissione guidata da Mauro Marè. E proprio dal rapporto di questa commissione ripartirà Leo, come spiega il Corriere della Sera. Con un obiettivo: ridurre le imposte per il ceto medio, per chi guadagna tra i 35mila e i 50-60mila euro. Ovvero chi è stato penalizzato non avendo ricevuto alcun vantaggio dal taglio del cuneo fiscale.
L’obiettivo è di dare qualcosa a questi redditi prendendo i soldi proprio dalla revisione delle tax expenditures. Sui 105 miliardi totali, si punta a ricavare qualche miliardo, ma in realtà lo spazio di manovra è molto stretto. La commissione ha messo sotto esame 145 spese sotto i 10 milioni, a cui aggiungerne 144 non quantificabili e 75 senza effetti di bilancio.
Lo spazio è stretto
Si tratta di sgravi e bonus che riguardano pochi contribuenti, come nel caso degli sgravi per le locazioni dei fondi rustici o della flat tax per i raccoglitori di erbe officinali. Ma cancellando tutte queste micro-misure si arriverebbe a poco più di 400 milioni di euro. Decisamente poco rispetto alle risorse di cui ha bisogno il Mef. Bisogna quindi puntare a tagli su misure più costose.
Facile a dirsi, meno a farsi. Perché, per esempio, su 105 miliardi sono ben 38 quelli derivanti dai crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie, praticamente intoccabili ora. Escludendo i bonus restano comunque quasi 70 miliardi di detrazioni e deduzioni, ma tutti difficili da toccare.
Motivo per cui questa operazione rischia di trasformarsi in una beffa proprio per parte di quella fascia che Leo vorrebbe aiutare: la possibilità, infatti, è di ripetere il meccanismo introdotto per il 2024 con una franchigia per neutralizzare il vantaggio della riforma dell’Irpef sopra i 50mila euro.
Attualmente la franchigia prevista è di 260 euro sulle detrazioni. E questo meccanismo potrebbe anche essere esteso per il 2025, con un’applicazione graduale in funzione del reddito: più si guadagna e più si alza la franchigia, insomma. E così il vantaggio per il ceto medio andrebbe a ridursi, ma di certo con un governo pronto a rivendicare di aver fatto qualcosa per questi redditi. Omettendo, ovviamente, che la franchigia ridurrà pesantamente il vantaggio per molti di loro.