Il cambiamento climatico sta rimodellando la vita di milioni di bambini in tutto il mondo, e i suoi effetti sono particolarmente evidenti anche in Italia. Secondo un’analisi dell’Unicef, ben 466 milioni di bambini vivono oggi in aree dove il numero di giorni estremamente caldi – definiti come giornate con temperature superiori ai 35 gradi Celsius – è almeno raddoppiato rispetto a sessant’anni fa. Questo fenomeno globale, che colpisce in maniera diseguale diverse regioni del pianeta, trova un riscontro significativo anche nel nostro Paese.
Ben 466 milioni di bambini vivono oggi in aree dove il numero di giorni estremamente caldi è almeno raddoppiato
In Italia, gli ultimi sessant’anni hanno visto un incremento allarmante dei giorni di caldo estremo, con una crescita di quasi sei volte rispetto al passato. Negli anni Sessanta, il numero medio di giorni con temperature oltre i 35 gradi era inferiore a uno, mentre oggi si attesta a 4,72 giorni all’anno. Parallelamente, la frequenza delle ondate di calore è quasi triplicata, passando da 4,97 eventi all’anno a 13,49, con un allungamento della loro durata media da 4,44 giorni a 5,90. Questo significa che 7,6 milioni di bambini italiani, pari al 90% della popolazione infantile, vivono in aree dove le ondate di calore sono diventate un fenomeno sempre più comune e preoccupante.
Questi dati italiani si inseriscono in un quadro globale altrettanto preoccupante. In Africa occidentale e centrale, 123 milioni di bambini – il 39% della popolazione infantile della regione – affrontano più di un terzo dell’anno con temperature superiori ai 35 gradi. In paesi come Mali, Niger e Sudan, i giorni estremamente caldi superano i 200 all’anno, rendendo queste aree tra le più colpite al mondo. In Sud Sudan, ad esempio, i bambini vivono in media 165 giorni di caldo estremo ogni anno, rispetto ai 110 giorni degli anni Sessanta. Anche in America Latina e nei Caraibi, quasi 48 milioni di bambini vivono in aree dove il numero di giorni estremamente caldi è raddoppiato.
Le conseguenze di questo aumento delle temperature non si limitano al disagio fisico. Il caldo estremo rappresenta un serio rischio per la salute, specialmente per i bambini e le donne in gravidanza. In Italia, così come altrove, l’esposizione prolungata a temperature elevate è associata a complicanze della gravidanza, malnutrizione e un aumento della vulnerabilità a malattie infettive come la malaria e la dengue. Inoltre, il caldo può influenzare negativamente lo sviluppo neurologico e la salute mentale dei bambini, con effetti a lungo termine che non possono essere ignorati.
Mentre il cambiamento climatico è un fenomeno globale, le sue ripercussioni variano a seconda delle regioni e delle infrastrutture disponibili per affrontarlo. Nei paesi più poveri e nelle aree più vulnerabili, come in alcune parti dell’Africa e dell’America Latina, l’impatto è particolarmente grave perché le risorse per adattarsi sono limitate. Tuttavia, anche in Italia, l’infrastruttura attuale non è sempre adeguata a fronteggiare le nuove sfide poste dal cambiamento climatico, soprattutto nelle città dove l’effetto isola di calore può amplificare ulteriormente le temperature elevate.
Nei prossimi mesi i Paesi aderenti all’Accordo di Parigi dovranno presentare i loro nuovi piani climatici nazionali
L’analisi dell’Unicef sottolinea l’importanza di una risposta coordinata e globale. Nei prossimi mesi, tutti i Paesi aderenti all’Accordo di Parigi, inclusa l’Italia, dovranno presentare i loro nuovi piani climatici nazionali. Questi piani rappresentano un’opportunità cruciale per definire azioni concrete che non solo mirino a ridurre le emissioni di gas serra, ma che proteggano in modo specifico i gruppi più vulnerabili, come i bambini.
Catherine Russell, direttrice generale dell’Unicef, ha dichiarato: “I bambini sono molto più vulnerabili al caldo estremo. I loro corpi si riscaldano più velocemente e si raffreddano più lentamente. I Governi devono agire ora per tenere sotto controllo l’aumento delle temperature, perché i bambini di oggi e le generazioni future vivranno nel mondo che lasceremo loro.”