Sono confusa sul caso della pugile Imane Khelif. Prima hanno detto che era un uomo e mi sono indignata che combattesse con le donne. Ora dicono che sia una donna. Ma allora dov’è il problema?
Alma Benucci
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Gentile lettrice, il problema è nella cialtronaggine dei massmedia, da cui sono scaturite le polemiche sulla “cultura woke”. Non condivido affatto la “cultura woke”, sia chiaro, ma quel che è giusto, è giusto. Anch’io avevo creduto alle prime notizie che parlavano di pugile transgender, nata uomo e divenuta donna per via chimica e/o chirurgica. Ma poi si è venuti a sapere che la Khelif è sempre stata donna: ci sono perfino le foto da bambina con abiti femminili nel suo villaggio in Algeria, paese non proprio permissivo in tema di fluidità sessuale. Il suo passaporto è femminile. La Khelif sarebbe affetta da iperandrogenismo, una condizione non infrequente in cui un corpo di donna produce più ormoni della media, ma non fa di lei un uomo. Silvia Camporesi, docente di scienza dello sport in un’università belga, addita diverse cause: “Per esempio l’ovaio policistico o la Vcs (variazione dei caratteri sessuali)”. Che la Khelif non sia un uomo e non sia invincibile per una donna, lo dimostra la sua carriera: alle Olimpiadi di Tokyo 2020 fu sconfitta da una irlandese ai quarti. Ai mondiali 2018 si classificò 17esima, nel 2019 fu 33esima. Salvini e Meloni sono andati a nozze con la polemica, ma il sesso non è un menu à la carte, checché ne pensi la Meloni, autodefinitasi “Signor Presidente”. A proposito, la Khelif tempo fa fu invitata in Italia e si allenò in Umbria con le nostre pugili, tutte donne.
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