L'Editoriale

Il costo della propaganda

Che l’Italia di Giorgia Meloni non brillerà nella prossima Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen è cosa certa.

Il costo della propaganda

Che l’Italia non brillerà nella prossima Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen è cosa certa. Resta da vedere quanto sarà fragoroso il tonfo, ma i voltafaccia di Giorgia Meloni di sicuro hanno affievolito il peso del nostro Paese a Bruxelles.

Di quanto costi in termini di credibilità che il vice presidente del Consiglio Matteo Salvini sia stato vicino a Vladimir Putin e fondamentalmente fatichi a rinnegarlo del tutto ancora oggi è sotto gli occhi di tutti. Se a questo ci aggiungiamo le carezze all’estremismo di destra del suo candidato di punta Roberto Vannacci il quadro è completo. Perfino Le Pen ha dovuto dire basta. La propaganda della destra contro l’odiosissimo Macron e l’odiosissima Merkel (e poi Scholz) ha accentuato l’isolamento dell’Italia nel quadro europeo.

Francia e Germania ritengono l’Italia un ineludibile partner commerciale, ma in ogni occasione utile rivendicano la divergenza politica con il nostro Paese. Per semplificare: non possono fare a meno dell’Italia ma farebbero volentieri a meno del suo governo. Ieri sulla facinorosa polemica olimpica è intervenuta l’Algeria in difesa della sua pugile. Per ora è poca roba. Sarebbe bastato conoscere lo stato dei diritti in Algeria per sapere che le transizioni sono punite dalla legge. Ma al nostro governo dell’Algeria interessano solo il gas a basso costo e i cereali.

Però se ad Algeri perdono la pazienza ci mettono un secondo a far saltare il cosiddetto Piano Mattei di cui sono irrinunciabile perno. La morale è semplice: la propaganda che si fa in patria poi costa là fuori. Solo che a pagarla non è Giorgia Meloni, sono gli italiani. Sempre.