Ha aspettato 86 giorni per parlare. Quando oggi, poco prima delle 12:30, la Guardia di Finanza s’è presentata alla villa di Giovanni Toti ad Ameglia, per notificargli l’atto di revoca dei domiciliari, il tappo è saltato. E l’ex presidente ligure dimissionario, perché accusato di corruzione e finanziamento illecito, ha tirato fuori tutte le sue argomentazioni contro la Procura. “Ci difenderemo da ogni accusa, con la coscienza a posto di chi non ha mai intascato un centesimo dei liguri”, ha detto.
Per Toti tutto lecito nei rapporti tra politica e potere
Al centro della sua riflessione, i rapporti tra politica e potere economico. Quei rapporti che Toti non ha mai negato. “Io credo che mai come adesso e mai come in quest’occasione i problemi della giustizia e della politica si siano intersecati in questa vicenda, e mi auguro che alla politica sia molto chiaro che quello che a Genova fa parte degli atti di accusa è in realtà qualcosa che è poco comprensibile a me”.
“Ovviamente siamo contenti della decisione presa stamani, secondo me riequilibra alcune decisioni del passato che erano francamente poco comprensibili dal nostro punto di vista – ha proseguito -. Ci sono atti legittimi, ci sono finanziamenti legittimi, eppure messi insieme secondo la procura connotano un comportamento criminoso. Questo è qualcosa che mette in discussione l’autonomia della politica, sia nei suoi finanziamenti sia nella capacità di incidere sulla realtà, quindi sarà qualcosa che credo non solo dovrà far discutere nelle aule di giustizia, ma anche nelle aule della politica”. Del resto, Toti, anche durante l’interrogatorio di garanzia aveva dichiarato lecite le connessioni tra finanziatori della sua campagna e appalti dati dalla Regione ai suoi finanziatori.
Il Gip: “Permangono i gravi indizi di colpevolezza”
Una lettura che non aveva convinto per niente la Gip Paola Faggioni (come con aveva convinto i tre giudici del Riesame). Tanto che anche nel dispositivo di scarcerazione, la Gip sottolinea che sì, dopo le dimissioni “possono considerarsi sensibilmente affievolite le esigenze cautelari”, ma che tuttavia “permangono i gravi indizi di colpevolezza”. “Dal punto di vista del processo non ci siamo opposti né ci opporremo in alcun modo a un processo rapido e veloce perché siamo convinti di poter spiegare tutto quello che c’è”, ha commentato Toti.
Il messaggio politico affidato ai social
Il suo messaggio prettamente politico l’ha invece consegnato ai social: “Mi sono dimesso, richiamando tutti voi al voto, perché ora tocca ai cittadini decidere invece la sorte della nostra terra: andare avanti con la Liguria protagonista che abbiamo costruito, o consegnarla alla cappa grigia dell’ipocrisia, della cultura del sospetto, dell’immobilismo, della doppia morale capace di oscurare già in questi giorni anche il fulgido sole di agosto. Sarebbe un futuro che, se possibile, appare già peggio del passato che ci siamo lasciati alle spalle”, ha scritto. Infine ha ricordato che lui e i suoi hanno lasciato “una Liguria più ricca: di lavoro, di opportunità, di speranze”.
“Lascio una Liguria più ricca”, dice Toti. Ma sarà veramente così?
Ma sarà veramente così? Non proprio, a giudicare dal Giudizio di Parifica della Corte dei Conti della Liguria del 18 luglio scorso. Tasto dolente la Sanità (Toti ha dato in gestione due ospedali pubblici ad altrettante società private che lo avevano finanziato durante la campagna elettorale).
Case delle Comunità in alto mare
Basta, per esempio, leggere il passaggio sulle Case della comunità, finanziate con i fondi del Pnrr (44.030.926,66 euro, ai quali si sono aggiunti 6.745.646 della Regione, più ulteriori 270.000 euro). Toti ne aveva pianificate 32. “L’esame ha evidenziato che la maggior parte degli interventi (16) sono indicati in “esecuzione”, scrive la Corte, “una struttura è stata collaudata il 14 maggio 2024, due progetti per i quali la scadenza dei lavori era stata fissata il 30 aprile 2024 risultano con certificato di regolare esecuzione in corso”, annota ancora.
“Tuttavia, si osserva che 12 interventi sono ancora in fase di progettazione (…)” e “i riscontri forniti non sembrano assicurare un imminente avvio dei lavori di un così ampio numero di progetti con impegni contabili risalenti all’esercizio 2022, ma in rimodulazione, a meno di 24 mesi dalla scadenza del target europeo di completamento” sottolineano i giudici.
“Si rileva, inoltre, circa l’avanzamento economico finanziario ed i pagamenti risultanti alla data del 12 giugno 2024, che solo un intervento (Casa della Comunità Valle Arroscia) ha una percentuale di avanzamento superiore al 50 per cento, la maggior parte dei progetti si attesta sotto il 10 per cento”.
Un esercito di consulenti esterni per il Pnrr
A fronte di ciò, però, bisogna dire che Toti aveva invece corso nell’assunzione dei collaboratori esterni per i progetti del Pnrr: “sono stati rinnovati per il biennio 2023-244 (con un impegno di circa 4,5 milioni di euro) 27 incarichi di collaborazione e sono stati conferiti ulteriori 7 incarichi”.
Il carrozzone ARTE Genova e i suoi debiti milionari
Per tacere poi della bocciatura dei giudici della controllata pubblica “ARTE Genova” e delle sue “cartolarizzazioni” curiose. Nel 2023 “sono state concluse 2 vendite che (…) hanno generato un ricavo, riversato a riduzione del debito, per circa 34 milioni”, calcola la Corte. Al 31 dicembre 2023 “l’Azienda risultava aver sostenuto (per i soli costi per interessi, consulenze, spese legali e altri oneri finanziari) un costo complessivo di circa 42,5 milioni, presentando un’esposizione debitoria nei confronti di BPER Banca di circa 74 milioni”.
Nel 2023 ARTE ha effettuato un’ulteriore rinegoziazione del proprio debito con l’istituto bancario, rinegoziando due mutui, “prolungandone di 12 anni la durata del piano di ammortamento con ulteriore aggravio della già complessa situazione finanziaria” annotano i giudici, perché ciò implica un aumento notevole degli interessi, “sicché l’Azienda si troverà a dover corrispondere in 12 anni (2037-2048) circa 55,6 milioni di euro a titolo di interessi. La rinegoziazione, inoltre, prevede una maxi-rata finale di euro 29.496.732,43”.
La bocciatura della Consulta della legge sui medici pubblici nelle strutture private
Ma anche la Corte Costituzionale ha bocciato più volte le leggi di Toti e della sua giunta. L’ultima “mazzata” era arrivata la scorsa settimana, con la bocciatura della norma che consentiva alle strutture private accreditate di avvalersi dell’operato dei medici dipendenti del Servizio sanitario regionale che abbiano optato per il regime di intramoenia. La norma, varata alla fine del 2023. Per la Consulta la previsione di quella legge “si pone in contrasto con un principio fondamentale in materia di tutela della salute, vincolante per tutte le Regioni”.
Quindi no, ex presidente Toti, la “sua” Liguria non era affatto in “buona salute”.