Da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, da Eugenia Roccella a Ignazio La Russa. Nessuno ha resistito alla tentazione di aprire l’ennesima polemica olimpica, magari nel tentativo di parlare almeno per un po’ di altro e di evitare ogni discorso politico. Un’arma di distrazione di massa, secondo alcuni, che passa anche sul corpo di due pugili: l’italiana Angela Carini e l’algerina Imane Khelif.
Così dall’ideologia gender a quella woke la tesi è sempre quella del complotto. L’atleta algerina intersessuale partecipa alle Olimpiadi di Parigi così come ha già gareggiato, sempre con autorizzazione del Cio, anche tre anni fa a Tokyo (dove, peraltro, venne eliminata ai quarti di finale). Un’atleta forte, sicuramente, ma non imbattibile, evidentemente. Che è stata esclusa dalle competizioni della federazione internazionale di boxe che, però, non è riconosciuta dal Cio e con cui il Comitato olimpico ha da tempo in corso uno scontro anche sui criteri utilizzati per accettare o meno la partecipazione degli atleti alle competizioni.
L’Iba l’aveva estromessa per un livello di testosterone troppo alto, con accuse che però non hanno alcun riscontro documentale: Khelif è donna e non transgender come qualcuno ha voluto far credere, soprattutto negli ambienti della destra italiana.
La sfida sportiva, Carini sconfitta da Khelif
Carini si è ritirata dopo circa 45 secondi dell’incontro con la pugile algerina. Una scelta non premeditata, ha spiegato, ma forzata: “Non riuscivo più a continuare, non riuscivo più a respirare”. “Ho iniziato a sentire un dolore troppo forte al naso”, ha aggiunto raccontando quanto successo l’atleta italiana. Che non prende posizione sulla decisione del Cio di far partecipare Khelif: “Se questa ragazza è qui ci sarà un motivo”.
Il tecnico del pugilato azzurro, Emanuele Renzini, sostiene che nel ritiro non ci sia stata alcuna “premeditazione”: “Mi ha detto che non se la sentiva, che non voleva combattere”. Carini e il suo coach, insomma, tentano di ricondurre la decisione a una scelta legata al match e allo sport. Provando a uscire, almeno parzialmente, dalle polemiche. Ma ormai è troppo tardi.
Bagarre politica
Neanche il tempo di far parlare l’atleta azzurra che era già scoppiata la polemica politica. Su cui si è fiondata anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che si dice in disaccordo con la scelta di far combattere Khelif contro altre donne. “Conta anche poter competere ad armi pari e dal mio punto di vista non era una gara pari”, dice Meloni dopo aver saputo del ritiro.
E la presidente del Consiglio cerca subito di far diventare la questione politica: “Sono anni che cerco di spiegare che alcune tesi portate all’estremo rischiano di impattare soprattutto sui diritti delle donne”. Da Casa Italia, Meloni continua: “Penso che atleti che hanno caratteristiche genetiche maschili non debbano essere ammessi alle gare femminili”.
Nella polemica si lancia subito anche il vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, che loda l’azzurra per la sua scelta: “Brava Angela, hai fatto bene! La nostra atleta si è dovuta ritirare contro Imane Khelif, prima di scoppiare in lacrime per tanti sacrifici andati in fumo”. Per Salvini è stata “una scena davvero poco olimpica: vergogna a quei burocrati che hanno permesso un match che evidentemente non era ad armi pari, se ne sono accorti tutti in Italia e nel mondo, tranne i distratti commentatori della Rai”. Contro cui si scaglia anche la Lega.
Interviene pure il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha invitato l’azzurra a Palazzo Madama. Per la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, è stata addirittura scritta una “pagina nera per le donne, lo sport e anche per la verità”. Tanto che Carini sarebbe “vittima di un’ideologia che colpisce lei e con lei tutte le donne”. E per Roccella qualcuno avrebbe “provato a mascherare” la verità “affermando che Imane Khelif sarebbe sempre stata donna, in quanto intersex”.
Eppure, come spiega il deputato di +Europa, Riccardo Magi, “Imane è una donna con disfunzioni ormonali, non una persona trans come da giorni ripete la destra peggiore per un pugno di like”. L’atleta algerina si è infatti sottoposta a tutti i controlli medici, “superandoli”.