Siamo alle solite. Prima Giorgia Meloni alza la voce, batte i pugni sul tavolo e poi ricade nel solito vittimismo, descrivendosi, al pari del suo governo, vittima di chissà quali complotti e in questo caso di “portatori di interesse” che sarebbero i quotidiani la Repubblica, il Fatto Quotidiano, il Domani. Ma andiamo con ordine nel riportare l’ultimo attacco della premier e leader di Fratelli d’Italia alla libertà di stampa.
Meloni prima attacca l’Ue poi dà la colpa ai giornalisti
Da Pechino Meloni, alla conquista di una credibilità internazionale che dopo la partita in Europa sulle nomine dei vertici comunitari ha definitivamente perso, ha ritenuto bene di rispondere durissimamente alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
”Dispiace che neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto dell’Ue e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo sia stata risparmiata dai professionisti della disinformazione e della mistificazione”, ha scritto di getto la premier. Parole di fuoco a cui ha, altrettanto duramente, risposto Bruxelles lunedì.
Il maxi-report da oltre mille pagine sullo stato di diritto in Europa non è stato preparato in un giorno e tutti i governi sono stati “inclusi”, ha detto la Commissione europea, ricordando che la relazione è lo specchio di “molteplici scambi” politici e si basa su “una varietà di fonti” e sulla collaborazione di tutti i Ventisette. Inclusa l’Italia.
Ieri, nel corso di un punto stampa a Pechino, Meloni ha tentato di spegnere l’incendio che lei stessa aveva appiccato. “Non vedo ripercussioni negative per l’Italia, non ritengo che i rapporti con la Commissione stiano peggiorando. Io e la Commissione europea abbiamo discusso” del report sullo stato di diritto.
“E del resto la lettera che io ho inviato non è una risposta alla Commissione europea o a un momento di frizione con la Commissione europea, è una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico nel quale mi corre l’obbligo di ricordare che gli accenti critici non sono della Commissione”.
Nuove accuse della premier ai giornalisti
Già. Gli accenti critici sarebbero opera di giornalisti che non la osannano e che, a sentir lei, hanno strumentalizzato il report Ue. Nel rapporto, accusa Meloni, “la Commissione europea riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica… Però la Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l’altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti”.
La governance Rai, ha ribadito, “è definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi” e “dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione”.
E ancora: “Viene ad esempio preso in considerazione anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all’opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa”. E noi che pensavamo non ci credesse. Che ingenui che siamo.