Cronaca degli ultimi convulsi e umilianti eventi che riguardano il governo Meloni e la libertà di stampa. Il balletto comincia con la Relazione sullo Stato di diritto nei paesi membri della Commissione europea, quel foglio che Ursula von der Leyen aveva tenuto in frigo per le elezioni europee. Lì dentro c’è scritto quello che è sotto gli occhi di tutti: Meloni e i suoi sognano un paese in cui lai stampa sia megafono della narrazione governativa. È una caratteristica comune degli autocrati e degli aspiranti tali.
Il giorno dopo arriva il report del consorzio europeo Media freedom rapid response che, il 16-17 maggio scorso, era in missione speciale in Italia. I risultati sono identici: con questo governo si sono ristretti gli spazi d’opinione, sono aumentate le querele temerarie ai giornalisti e i governanti mostrano preoccupanti segni d’insofferenza alle opinioni avverse.
Che succede? Prima Meloni scrive a von der Leyen bollando come fake news le informazioni del report della Commissione. L’Ue le risponde che gli strumenti di analisi utilizzati sono una cosa seria da non confondere con la propaganda e le ricorda che “alle autorità nazionali è stata data l’opportunità di fornire aggiornamenti fattuali”. Ma Meloni attacca le opinioni perché non sa smentire i fatti.
Nel frattempo in edicola la stampa filo-governativa comincia a bastonare i giornalisti non allineati accusandoli di tradimento e danno alla Patria. E così le reazioni certificano le accuse. Un capolavoro.