Il mare italiano non è tutelato. Un’indagine di Greenpeace Italia rivela che meno dell’1% dei mari italiani è sottoposto a misure di tutela efficaci e appena lo 0,04% rientra nel computo delle aree in cui è vietata qualsiasi tipo di attività, inclusa la pesca. Siamo quindi ben lontani dall’obiettivo 30×30, che prevede la protezione di almeno il 30% dei nostri mari entro il 2030, di cui il 10% con aree a protezione integrale, che l’Italia si è impegnata a realizzare.
Greenpeace ha identificato le aree protette dei nostri mari, smentendo le stime governative. L’indagine ha mappato le aree marine protette (AMP) italiane, i parchi nazionali che prevedono zone di protezione marina, i SIC (siti di interesse comunitario) e il Santuario Pelagos, analizzando le tipologie di tutela presenti per verificare se la protezione dichiarata corrisponde a una protezione effettiva.
Lo studio di Greenpeace sui mari italiani che smentisce il governo
Dallo studio è emerso che solo le AMP e i Parchi Nazionali hanno regolamenti stringenti in grado di tutelare effettivamente la biodiversità marina, mentre il Santuario Pelagos e i SIC rientrano nella categoria dei cosiddetti “parchi di carta”, aree individuate e definite importanti per la loro biodiversità ma in cui non vengono messe in atto misure di mitigazione o limitazione degli impatti antropici. Queste aree sono incluse nel conteggio delle aree protette del nostro governo, che sostiene ufficialmente di tutelare l’11,6% dei mari italiani.
Con questo inserimento si ricorre quindi a una “scappatoia” da parte del governo, perché “senza misure di gestione e una governance delle aree marine non vi è nessuna tutela effettiva”, afferma Valentina Di Miccoli, campaigner Mare di Greenpeace Italia. Per questo si chiede di “istituire un network di aree marine protette che preveda strumenti di conservazione efficaci e di ratificare il prima possibile il Trattato ONU per la protezione degli oceani”. Gli obiettivi sono quindi lontanissimi: il mare tutelato è solo lo 0,9% contro l’obiettivo del 30%, mentre le zone in cui sono vietate tutte le attività sono soltanto lo 0,04%, contro un target del 10%. A oggi irraggiungibile.