Allo scarico delle responsabilità da parte del governo ci siamo abituati. Ma stavolta la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, va oltre per difendere il suo operato sulla Rai. E lo fa con una dura lettera inviata alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Un’altra conferma del fatto che dopo il voto contrario alla sua conferma alla guida dell’esecutivo europeo, i rapporti tra le due sono tutt’altro che sereni.
Nella lettera a von der Leyen dopo la pubblicazione del rapporto sulla libertà d’informazione, Meloni parla di un documento utilizzato in modo “distorto a uso politico” nel tentativo di “attaccare il governo italiano”. Qualcuno, secondo Meloni, “si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo Stato di diritto, la libertà di informazione”.
La lettera di Meloni a von der Leyen sulla Rai
La colpa, quindi, è sempre degli altri. Sia della stampa e delle opposizioni che avrebbero interpretato in modo errato il documento e sia dei governi precedenti, che avrebbero nominato l’attuale consiglio di amministrazione Rai. La presidente del Consiglio afferma che non c’è stata nessuna “ingerenza” sulla governance della televisione pubblica.
Poi sottolinea che la riforma della Rai “è stata ideata e realizzata nel 2015 dall’allora partito di maggioranza relativa (il Partito Democratico) durante il governo guidato da Matteo Renzi, con la contrarietà del partito da me guidato (Fratelli d’Italia)”. Come a dire che la colpa di tutto è solo di altri.
Meloni parla di una “criticità che si trascina da quasi dieci anni e che avrebbe, nel caso, sfavorito le forze di opposizione, e nello specifico Fratelli d’Italia, e favorito le forze di Governo che hanno governato in questo periodo”. Non a caso, Meloni sottolinea che anche l’attuale governance è stata “determinata dal Governo precedente (Governo Draghi), con Fratelli d’Italia unico partito di opposizione che si è reputato allora di escludere perfino dal Consiglio di Amministrazione della Rai creando, questa volta sì, una anomalia senza precedenti in Italia e in violazione di ogni principio di pluralismo del servizio pubblico”.
Le cose, ovviamente, non sono andate proprio così, nel senso che gli attuali vertici della Rai – l’amministratore delegato, Roberto Sergio, è stato nominato a maggio 2023 dal governo Meloni – sono di certo vicini all’attuale presidente del Consiglio. Come ricorda anche Meloni parlando però di “nomina obbligata a seguito delle dimissioni del suo predecessore”. Il fatto che il cda sia stato nominato dal governo precedente sarebbe quindi sufficiente per non parlare di ingerenze: “Non si comprende dunque come si possa imputare a questo Governo una presunta ingerenza politica nella governance della Rai”, scrive Meloni.
Un po’ di vittimismo
Le accuse della presidente del Consiglio sono rivolte a stampa e opposizioni, ma evidentemente c’è qualcosa in più se la lettera è inviata alla presidente della Commissione, un modo per contestare probabilmente quel report. Un’occasione per attaccare le opposizioni e le loro offensive che “possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news che sempre più inquina il dibattito in Europa”.
Meloni, ancora, nega che gli addii alla Rai, anche quelli di peso, abbiano a che fare con pressioni politiche. Sottolinea che “diversi esperti del campo affermano che i rapporti di lavoro si sono interrotti per normali dinamiche di mercato”. Viene poi definito “mistificato a uso politico” un altro aspetto, ovvero l’accusa che la Rai avrebbe violato la par condicio in favore della maggioranza per le elezioni europee.