C’erano due modi per reagire alla Relazione annuale sullo stato di diritto dell’Ue che certifica l’ungherizzazione dell’Italia sulla libertà di stampa e sulla gestione della televisione pubblica. Giorgia Meloni avrebbe potuto riunire i suoi chiedendogli di smetterla con le querele temerarie ai giornalisti, con gli attacchi alla stampa e soprattutto con quest’ossessione per l’egemonia culturale intesa come silenziamento delle opinioni contrarie.
La presidente del Consiglio invece ha scelto la solita via, quella del vittimismo e della distorsione della realtà sotto gli occhi di tutti. Così ha preso carta e penna rivolgendosi direttamente alla mamma, Ursula von der Leyen, con la sfacciataggine dei negazionisti più infoiati e con l’imbarazzo di chiedere aiuto a un’avversaria politica.
Meloni si lamenta che “per la prima volta il contenuto di questo documento – scrive – è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano”. Secondo la premier a condizionare il rapporto Ue sarebbero stati i “professionisti della disinformazione e della mistificazione” colpevoli di “attacchi maldestri e pretestuosi che possono avere presa solo nel desolante contesto di ricorrente utilizzo di fake news”. Insomma, Meloni si lagna perché la gente legge i documenti senza fidarsi del suo racconto.
Spiega poi la presidente che a scelta di diversi giornalisti e conduttori di lasciare la Rai non è dipesa dal cambio di linea editoriale, bensì da “normali dinamiche di mercato”. Per Meloni è “normale mercato” che la Rai crolli nella credibilità e negli ascolti. La normale dinamica di fuggire dagli oppressori, si potrebbe dire. Chissà che grasse risate avrà sputato von der Leyen leggendo quella lettera.