di Angelo Perfetti
Una notizia e una domanda. La prima è che la Corte Costituzionale ha detto quello che la gente ormai da anni diceva: è incostituzionale togliere all’elettorato la possibilità di scegliersi il proprio candidato calandoglielo dall’alto delle segreterie dei partiti. La seconda è: ma che Paese siamo quello in cui prima si fanno elezioni e poi l’organo di controllo si accorge che il tutto è fuori dai dettami della Costituzione? Sul primo punto andremo a fondo, la domanda invece, trattandosi dell’Italia, quest’Italia così ridotta da anni di malagestione della politica, invischiata tra affari e prebende, privilegi e arroganza, resta una domanda retorica. Immediata la pletora di dichiarazioni sull’importanza della sentenza, sulla necessità di andare subito al voto ridando la parola agli elettori. Il concetto in sé è giustissimo, ma fa specie sentirlo ripetere come un mantra da chi, sedendo in Parlamento, ha avuto mille occasioni per arrivare a definire un nuovo sistema elettorale e non l’ha fatto, aspettando che ancora una volta fossero i giudici a togliere le castagne dal fuoco. Salvo poi lamentarsi dell’invasione delle toghe nella vita politica italiana, ingerenza spesso reale ma evidentemente costruita sulle assenze della politica stessa. Non a caso il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti, che sta facendo da settimane lo sciopero della fame proprio per sollecitare il Parlamento a legiferare su questa materia, ha immediatamente postato un messaggio su twitter: ‘’La Consulta ha umiliato il Parlamento. Chi esulta è ipocrita. Il dovere di fare legge spetta a noi, questo è mio obiettivo quindi vado avanti’’.
La decisione
Ma entriamo nel dettaglio. La Consulta, con il dispositivo, ha solo annunciato la sua decisione: sono in contrasto con la Costituzione – ha stabilito – le norme del “Porcellum” che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza, sia per la Camera, sia per il Senato, alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. Violano, inoltre, la Costituzione – ha ancora stabilito la Consulta – le norme della legge elettorale ora in vigore che stabiliscono la presentazione di liste elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.
Le motivazioni
Il giudice relatore Giuseppe Tesauro scriverà nei prossimi giorni le motivazioni della sentenza, indicando le ragioni che hanno determinato la bocciatura delle due parti della legge ed, eventualmente, formulando auspici per il Parlamento. Appena pronte – ci vorranno probabilmente alcune settimane – le motivazioni saranno distribuite ai giudici costituzionali e poi, in camera di consiglio, lette, eventualmente integrate, e approvate.
Il ricorso
“Quattro anni di battaglie andate a buon fine”. Esulta l’avvocato Aldo Bozzi, legale dei ricorrenti che hanno promosso il ricorso contro il Porcellum. “E adesso bisogna sottolineare -dice Bozzi – che non si crea nessun vuoto giuridico: a mio parere, con la pronuncia della Consulta, di fatto si torna alla legge elettorale precedente, il Mattarellum. Molto probabilmente torneremo a votare in estate. Ma intanto oggi ci godiamo la vittoria, da domani penseremo a riassumere la pronuncia in Cassazione, dove è pendente un altro procedimento”.
Il futuro
Ma non tutti sono d’accordo. Dopo la pronuncia della Consulta sulla legge elettorale “non si torna alla legge precedente”, ossia il Mattarellum, “ma si ha non tanto un ritorno, ma una conferma del proporzionale senza premio di maggioranza”. A dirlo è il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida. “La Corte ha fatto venir meno la previsione del premio di maggioranza. Quindi, si dovrebbe immaginare che, se non intervenisse nessun altra misura legislativa, si applica il proporzionale senza premio di maggioranza. Per l’altro aspetto”, ossia le liste bloccate, “è stata dichiarata incostituzionale la parte in cui non consente di esprimere preferenze. Ma qui è più difficile capire l’effetto pratico se non ci fosse un intervento legislativo: si può immaginare non solo che l’elettore possa dare preferenze, ma che poi l’ordine di elezione sia determinato dalle preferenze e non dall’ordine di lista? Su questo punto credo dovremo attendere, per capirne bene la portata” una volta conosciute le motivazioni della sentenza.