Che non si tratti di una semplice “tragedia” come frettolosamente etichettata dalla presidente del Consiglio Meloni e dal ministro dell’Interno Piantedosi lo credono in molti. Da oggi ne è ufficialmente convinta anche la Procura di Crotone che ha chiuso le indagini sulla strage che ha provocato la morte di 94 migranti, tra cui 35 bambini, oltre a una decina di dispersi.
Secondo gli inquirenti quella tragedia si poteva evitare e per dimostrarlo hanno raccolto migliaia di documenti, approfondimenti, consulenze, valutazioni, chat e immagini. La chiusura delle indagini aggiunge anche un quarto indagato tra gli uomini della Guardia di finanza e la riduzione degli indagati della Guardia costiera da tre a due. Nelle prossime ore verranno notificati gli atti e emergeranno con maggiore chiarezza le responsabilità ipotizzate dalla Procura. Nei diciassette mesi passati dalla strage l’inchiesta ha esaminato ogni azione e soprattutto ogni inazione di quella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023.
La chiusura delle indagini e nuove scoperte
Per il pubblico ministero Pasquale Festa e il procuratore capo Giuseppe Capoccia i quattro indagati della Guardia di Finanza avrebbero gestito in modo errato la segnalazione del caicco avvistato a 40 miglia dalle coste calabresi e le comunicazioni con la Guardia costiera. In particolare, si contesta loro di aver trattato l’evento come un’operazione di polizia “low enforcement” anziché come un’emergenza di soccorso in mare (evento Sar).
La Guardia di finanza comunicando di intervenire lei come low enforcement disse: “Ce ne occupiamo noi, mare permettendo”, e quel “mare permettendo” avrebbe dovuto – secondo la procura – allertare di più la Costiera, che sapeva bene che quella notte c’era mare grosso e la situazione meteo era in peggioramento.
Responsabilità e inazione delle autorità
Per questo i due ufficiali di ispezione della Guardia Costiera sono sotto accusa sostanzialmente per la non azione. Come spiega il Corriere della sera “sia pure indotti in errore dai finanzieri, dice la procura, non si preoccuparono di informarsi e di far scattare un eventuale evento Sar, cioè di soccorso in mare, e lasciarono che se ne occupasse la finanza come evento di low enforcement, cioè come operazione di polizia”.
Tra gli indagati esce dall’inchiesta il responsabile della sala operativa della Guardia costiera di Reggio Calabria. Entra invece il capoturno della sala operativa della Finanza di Vibo Valentia, accusato di aver fuorviato la capitaneria con informazioni operative che erano solo intenzioni. Per esempio, spiega la Procura, comunicò via radio che “un nostro mezzo in pattugliamento sta aspettando il target (la barca con i migranti, ndr) a due-tre miglia dalla costa” mentre in realtà quel mezzo stava rientrando in porto per rifornirsi di carburante.
Ad oggi per quella strage sono stati condannati con rito abbreviato a vent’anni di reclusione e tre milioni di euro di risarcimento (difficilmente esigibili) due scafisti mentre gli altri tre sono sotto processo con rito ordinario sempre pendente dinanzi al Tribunale di Crotone che vedrà la prossima udienza, una delle ultime, il prossimo 30 luglio.
La diocesi di Locri-Gerace si era sobbarcata i costi di vitto e alloggio per la trentina di persone arrivate da buona parte d’Europa in quei giorni facendosi carico anche dei biglietti aerei per consentire ai parenti i quattro diversi luoghi dove erano custodite le vittime. Caritas e Croce rossa non hanno ancora ricevuto compensazione delle spese sostenute. Nemmeno i 25 mila euro spesi per ripulire la spiaggia dai rottami della strage sono stati restituiti al Comune.