Lui si (auto)definisce un “galantuomo” e ha sempre fatto del cosiddetto “blind trust” lo scudo col quale ripararsi dalle accuse di giganteschi conflitti di interessi. Uno scudo che però ora la procura di Venezia sta smantellando. Pezzo a pezzo. Parliamo del sindaco Luigi Brugnaro, naturalmente, indagato per concorso in corruzione. Un primo cittadino che negli anni al potere ha vestito molte casacche: sindaco, imprenditore, amministratore pubblico, presidente sportivo. Tutte contemporaneamente, per i pm.
Il blind trust per i pm era una foglia di fico
Per la procura, infatti, quel blind trust con diritto Usa messa in piedi dal patron di Umana (il Brugnaro imprenditore) non funziona, anzi sarebbero stati riscontrati “ripetuti conflitti d’interesse” del primo cittadino e dei suoi più stretti collaboratori nell’amministrazione. Tanto che per i sostituti procuratori Roberto Terzo e Federica Baccaglini, i vertici comunali appaiono “scelti tra i più intimi dipendenti delle imprese private, gestite di fatto dal sindaco stesso pur dopo la costituzione di un trust”.
Come per i Pili, Brugnaro gestiva direttamente i suoi interessi
In pratica per i pm, al riparo di quello scudo, Brugnaro gestiva direttamente i suoi affari. Come accaduto per la tentata vendita dell’area “I Pili” (per la quale Brugnaro è indagato), che ha visto Brugnaro (proprietario terriero) e i suoi più stretti collaboratori (interni al Comune) parte attivissima nelle contrattazioni con l’imprenditore singaporese Ching Chiat Kwong (indagato). Non “una semplice trattativa”, annota la Procura, ma “un lungo percorso non portato a conclusione, in cui le parti hanno condiviso e co-deciso pure i dettagli del progetto”, poi autorizzato dal Comune (Brugnaro sindaco).
Ai Pili un investimento “mastodontico”
Sulla carta si doveva realizzare “un intervento edilizio mastodontico”, inizialmente di 168.000 mq, diventati poi 430.000 con alberghi, un palasport prima da 10mila poi da 16mila posti, una casa di riposo, “la cui consistenza – annotano i pm – è stata decisa assieme fin nei dettagli, con la garanzia che il venditore l’avrebbe fatto approvare nella sua veste di amministratore comunale”.
Nelle casse di Brugnaro (imprenditore) sarebbero arrivati 150 milioni dalla vendita dei terreni, come denaro e come palasport, costruito da Ching e poi dato in dote alla pallacanestro Reyer la squadra di Brugnaro (manager sportivo). E lo stop al progetto arrivato nel 2018, non fu dovuto, per i pm, alla “desistenza delle parti”, ma alla scoperta, da parte di Ching e dei suoi collaboratori – tutti indagati – che il terreno era pesantemente inquinato e “subito dopo il clamore derivato da articoli di stampa che svelavano la trattativa e denunciavano la commistione di interessi nella persona del venditore dei terreni e detentore dei poteri autorizzativi”.
Fallita la vendita, Brugnaro lancia il Pums
Fallita l’operazione, Brugnaro (sindaco) non si è fermato e ha lanciato un anno dopo il piano urbanistico “Pums” che prevedeva due centri di interscambio tra il centro storico di Venezia e la terraferma, uno dei quali ai Pili, con una “cospicua rivalutazione” dei terreni effettuata nel 2020 dalla società proprietaria “Porte di Venezia” – detenuta dal cosiddetto blind trust – da 14 a 70,3 milioni di euro, giustificata da Brugnaro (sindaco) con la presenza dell’area in altri due progetti urbanistici precedenti, che però, a detta dei pm, contenevano solo “una valutazione preliminare e non potevano essere attuati perché restava da fare la bonifica”.
Appalti pubblici alle società che sponsorizzano la sua squadra di basket
E poi c’è tutta la parte delle gare che il Comune di Venezia e le sue controllate (e qui torniamo al Brugnaro sindaco) hanno affidato agli sponsor della squadra di basket Reyer (del Brugnaro presidente sportivo). E i magistrati inanellano una serie di esempi: la società di navigazione Alilaguna spa avrebbe versato 47.614 euro alla Reyer, godendo di “molti affidamenti diretti da parte della società pubblica Avm spa relativi allo svolgimento di intere tratte di navigazione o di altre tratte per periodi limitati di tempo”.
Le altre società amiche della Reyer
Tra gli sponsor della Reyer figura poi la “Setten Genesio holding”, azienda edile che si è vista approvare un progetto per una “torre” alta 70 metri in una zona residenziale di Mestre, osteggiato da alcuni comitati di residenti ma approvato nel 2021. Dal 2015, secondo le indagini, il gruppo ha “incrementato considerevolmente le opere edilizie nel territorio lagunare, ottenendo 11 commesse per oltre 50 milioni di euro, mentre nel precedente decennio gli incarichi erano stati solamente cinque e per 37 milioni”.
Del tutto simile la sponsorizzazione di un’altra immobiliare, la “2m holding”, con 100.000 euro per il 2020 e 208.333 nel 2021. Poco prima di diventare un top sponsor Reyer, il gruppo ha richiesto una concessione edilizia per 22 appartamenti a Mestre nel 2020, e ha visto approvati recentemente diversi interventi edilizi.
Altro munifico sostenitore è il gruppo della distribuzione Alì di Padova, che sull’area dell’ex ospedale Umberto I di Mestre acquistata per oltre 26 milioni, ha di recente presentato un progetto per cinque edifici, una torre, un parcheggio da 500 posti e un supermercato.
Quell’affare sui terreni agricoli divenuti subito dopo edificabili
Nello stesso periodo ha sostenuto la Reyer per complessivi 50mila euro. La Finanza ha segnalato anche un’operazione immobiliare della Reyer nel 2019, con l’acquisto di terreni seminativi vicini al palasport Taliercio e il loro passaggio a terreni edificabili pochi giorni dopo. Il valore di acquisto dei terreni, per 658.000 euro, risulta superiore del 200% circa del prezzo di altri terreni non edificabili della zona, ma inferiore del 70% per altri appezzamenti edificabili nella stessa area. Troppe casacche contemporaneamente anche per Brugnaro, il “galantuomo”.