Da una parte annunci e dall’altra la dura realtà. Quella di casse vuote che non permettono non solo di mantenere le promesse con gli elettori (come sulle pensioni), ma neanche con gli alleati della Nato. Ciò che emerge dalla risposta del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, durante il question time alla Camera è ben diverso da ciò che la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, assicura durante i vertici internazionali sulla spesa militare dell’Italia.
Raggiungere il 2% del Pil è impensabile, allo stato attuale. Tranne in caso di accordi diversi con l’Ue, che dovrebbe decidere di scorporare le spese per la difesa da quelle che fanno parte del conteggio del deficit. O di sotterfugi che permettano di raggiungere l’obiettivo del 2% senza tagliare altrove. Impossibile, al momento. E per Giorgetti non ci sono dubbi: il taglio del cuneo fiscale non si tocca e verrà confermato con la prossima manovra. Non si può barattare con le spese militari. Per cui delle due l’una: o verrà smentito Giorgetti o verrà smentita Meloni.
Meloni e Giorgetti: versioni opposte
L’interrogazione a Giorgetti riguarda l’obiettivo del 2% del Pil per le spese militari. L’aumento sarebbe progressivo e già quest’anno servirebbero 10 miliardi circa. Più o meno quanto costa la conferma del taglio del cuneo fiscale. Quindi per mantenere le promesse fatte da Meloni alla Nato l’unica strada è quella di tagli, magari alla sanità o alla scuola. La risposta di Giorgetti sembra escluderlo, ma allo stesso tempo sembra smentire anche la sua presidente del Consiglio. Certo, è ancora presto per parlare delle spese militari, almeno finché non inizierà il vero confronto sulla manovra (che, a proposito, è stato avviato ieri).
Proprio con la legge di Bilancio si analizzeranno gli impegni assunti con il nuovo Patto di stabilità, confrontandoli con quelli presi con la Nato. Il ministro dell’Economia sottolinea che il governo ha posto in sede europea il tema delle spese per la difesa, chiedendo che venga ritenuto un “fattore rilevante” in modo da venire escluso dal computo delle spese del deficit. La speranza di Giorgetti è che la Commissione decida in tal senso, ma al momento non sembra andare così. Il ministro punta allora su qualche sotterfugio, provando a riscrivere il concetto di spese per la difesa. L’Italia è uno dei Paesi “primi al mondo per missioni internazionali di pace” e anche queste spese, come altre, dovrebbero essere comprese nel 2% del Pil, secondo Giorgetti. C’è comunque una rassicurazione: “Posso garantire che il taglio del cuneo è la prima priorità e che verrà confermato”.
E, inoltre, “non è in discussione” l’ipotesi di eliminare questa misura per investire in spese militari, che verranno invece “gestite all’interno del quadro per le deroghe”. Come sottolineano Luana Zanella e Macro Grimaldi, di Avs, Giorgetti è “venuto alla Camera a dire che non sanno dove prendere i soldi per rispettare gli impegni spericolati della presidente Meloni presi al vertice Nato di Washington”.
Pensioni, altro che riforma
Giorgetti risponde anche in tema di pensioni, ammettendo di fatto che a oggi i soldi per superare la legge Fornero e garantire l’uscita anticipata non ci sono. Interventi in tema previdenziale dovranno essere valutati “in base alle nuove regole” Ue e in coerenza con la “sostenibilità della finanza pubblica”. E per giustificarsi Giorgetti allarga il discorso alla crisi demografica, spiegando che “nessun sistema pensionistico è sostenibile in un quadro demografico come quello attuale”. Una bella pietra tombale sulla riforma delle pensioni, sul superamento della Fornero e su nuove forme di uscita anticipata, tanto propagandate dalla Lega.