Fermate il condono edilizio (perché questo è, un vero e proprio condono) preparato da Matteo Salvini per sanare/salvare quei grattacieli fantasma spuntati come funghi a Milano, in barba alle norme urbanistiche e a fronte di oneri urbanistici irrisori, che negli anni hanno fatto la fortuna di costruttori, progettisti e sviluppatori. A chiederlo ieri sono stati una cinquantina tra costituzionalisti, come il vicepresidente emerito della Consulta Paolo Maddalena, Massimo Villone, Carlo Iannello e Francesco Pallante, giuristi, urbanisti (Vezio De Lucia e Paolo Berdini), accademici (Tomaso Montanari) e ambientalisti (Luigi De Falco, vicepresidente di ‘Italia Nostra’), che ha sottoscritto una lettera-appello ai membri della Commissione della Camera che sta discutendo gli emendamenti del decreto “salva-casa”.
Una missiva con 50 firme vuole bloccare il condono preparato da Salvini per salvare i grattacieli fantasma spuntati come funghi a Milano
Mirano a sventare “il colpo di spugna” che intende cancellare “le inchieste aperte sull’urbanistica dalla Procura di Milano”. Si tratta di oltre un centinaio di fascicoli riguardanti opere che, spacciate per “ristrutturazioni”, hanno visto sorgere torri alte anche 80 metri al posto di box monopiano. La norma è un condono, visto che sana il costruito e rimanda a un intervento legislativo per il futuro. Cioè salva i costruttori, i quali avevano avuto i permessi dagli uffici dell’urbanistica milanese presentando semplici Scie (e non piani urbanistici, con le previste compensazioni per la città, come scuole, parchi, parchegi…) e versando oneri irrisori, facendo passare i nuovi edifici per ristrutturazioni dell’esistente. Operazioni andate avanti finché la Procura non ha acceso un faro.
I firmatari, si legge nella missiva, chiedono “che il Parlamento ribadisca l’assoluta inderogabilità della norma urbanistica che garantisce un minimo di dotazioni di servizi e di verde necessari alle citta’” e rendono noto “l’intento di avvalersi di ogni strumento utile per opporsi alla preannunciata deriva, anche nella convinzione che evidenti profili di illegittimità non passerebbero indenni da una pronuncia della Corte Costituzionale”.
I firmatari sostengono che l’intento dichiarato dai promotori del ‘salva-casa’ di salvare gli acquirenti degli immobili “in buona fede” sarebbe solo “un pretesto” (un messaggio a Salvini, ma anche al sindaco Beppe Sala, che il colpo di spugna lo aveva chiesto a gran voce), poiché i palazzi non sono ancora stati terminati e molti sono ancora solo sulla carta.
“Se così fosse (cioè salvaguardare la buonafede, ndr), il cosiddetto emendamento ‘salva-Milano’ non dovrebbe andare oltre questo comprensibile obiettivo e quindi dovrebbe riguardare soltanto gli incolpevoli acquirenti degli immobili, senza alcuna sanatoria per operatori, professionisti, funzionari e dirigenti che avessero violato le leggi vigenti, le cui eventuali responsabilità vanno lasciate all’accertamento della magistratura”, si legge nella lettera, “Nel percorso di approvazione del decreto, volto ad annullare le contestazioni sollevate dalle inchieste giudiziarie sull’urbanistica aperte a Milano, si rischia di cancellare decenni di cultura urbanistica che è alla base del necessario equilibrio fra protezione delle cose e sfruttamento delle stesse, fra fruizione e conservazione, fra la garanzia del diritto di proprietà e l’esercizio delle potestà pubbliche chiamate a conformarlo per assicurarne la funzione sociale, a vantaggio di tutti”.
Il dilemma del Partito Democratico sul condono
Ora la palla passa alla politica: se AVS e M5S hanno già promesso battaglia, il Pd tace. Del resto si trova tra l’incudine e il martello: se voterà sì all’emendamento del Carroccio, voterà per la prima volta un condono edilizio. Se voterà no, inguaierà il “suo” sindaco Sala. Da palazzo Marino, intanto, l’assessore Giancarlo Tancredi ha fatto sapere che sul tema dell’urbanistica il Comune “ha seguito la legge regionale. Se poi questa viene ritenuta non legittima, questo lo diranno gli organi competenti”, quindi “non c’è bisogno di nessun colpo di spugna, ma di un chiarimento che non può che arrivare dal Parlamento”.