Ha scelto la dependance della terza camera dello Stato – ovvero la masseria di Bruno Vespa a Manduria, Puglia – il guardasigilli Carlo Nordio per discettare delle sue ormai plurime picconate alla Giustizia. Tra un bicchiere di vino (rigorosamente made in Vespa) e una tartina, il ministro ha “spiegato” anche la stretta sulle intercettazioni pubblicabili dai giornali.
“Non vogliamo imbavagliare i giornalisti, vogliamo attuare il principio dell’articolo 15 della Costituzione. L’articolo 15 della Costituzione, che è la più bella del mondo, è chiarissimo e dice che le conversazioni sono segrete e questa segretezza è l’altra faccia della libertà, ed è ovvio”. Chiaro, no?
Nordio e Pascal
Per chiarire ulteriormente il concetto legale, ha aggiunto: “Pascal diceva che se tutti sapessero quello che noi diciamo degli altri non avremmo un amico. Il voto è libero perché è segreto. Se non fosse segreto non sarebbe libero. Quindi segretezza e libertà sono due facce della stessa medaglia. Tant’è vero che l’articolo 15 dice che la segretezza delle conversazioni, delle comunicazioni è inviolabile, salvo i casi previsti dalla legge, ma è l’eccezione, non la regola. Mentre oggi è diventata la regola e non l’eccezione”, spiega.
Le pentole di Vespa
“Allora, noi non vogliamo affatto imbavagliare la stampa, vogliamo che delle intercettazioni si faccia l’uso che la legge e la Costituzione prevedono. Devono essere strumenti di ricerca della prova e devono restare segrete. Cioè, io ascolto Vespa che parla di pentole che deve consegnare domani sera a Nordio. Allora cosa faccio? Lo seguo e vado a vedere se consegna pentole o se consegna polvere bianca”, conclude.
Volendo tentare un’esegesi, si potrebbe dire che per Nordio le intercettazioni vanno fatte, ma non devono essere pubblicate dai giornali. Che poi l’indagato si ritrova senza amici…