Alla fine, il Rassemblement National (RN), che sembrava destinato alla maggioranza assoluta a seguito di un primo turno strepitoso, anziché ambire a guidare la Francia, si ritrova terzo. Infatti, a vincere le elezioni è stato il Nuovo Fronte Popolare, l’alleanza di sinistra che si è formata per contrastare l’avanzata di Marine Le Pen, che ha conquistato 182 seggi a fronte dei 577 complessivi, seguito da Ensemble, del presidente Emmanuel Macron, che ne ha ottenuti 168, e dal Rassemblement National che ne ha ottenuti appena 143.
Il piano di Le Pen rovinato dalla ‘desistenza’
Se il risultato nei numeri è chiaro, quello che appare meno certo è cosa volesse davvero l’inquilino dell’Eliseo da queste elezioni anticipate. Se l’idea era quella di dimostrare che Le Pen può essere sconfitta, allora non c’è dubbio che il risultato sia stato oggettivamente centrato, anche se, è bene sottolinearlo, la leader di RN dall’opposizione potrà continuare a sparare a zero facendo crescere il proprio consenso.
Così appare chiaro che questa non sia l’unica spiegazione possibile perché, a ben vedere, c’è il dubbio che il suo intento fosse quello di logorare la destra, facendola vincere con una maggioranza striminzita così da dare vita a un governo di coabitazione che ne avrebbe dimostrato l’incapacità a governare. Quel che è certo è che il vero sconfitto è proprio il leader di Ensemble che ha visto quasi dimezzati consensi e seggi.
Chi ha davvero trionfato è la “desistenza”, ossia il ritiro dei candidati di Ensemble e del Fronte Nazionale di sinistra arrivati terzi nelle rispettive circoscrizioni che ha decretato la sconfitta di RN. Un accordo siglato di convenienza, su cui sarà difficile fondare un governo stabile e coeso, con il risultato che a beneficiarne potrà essere proprio Le Pen che già punta alle presidenziali del 2027.
Alta tensione all’Eliseo
“Ci è stata negata la vittoria a colpi di ritiri e triangolari, ora il Paese non è governabile”, ha affermato, all’indomani dell’inaspettata sconfitta, il vicepresidente di RN, Louis Aliot, che ha aperto anche a una riforma interna in quanto ci sono stati errori a partire da “candidati che non avrebbero dovuto esserlo”. Al momento, tutta la Francia attende, come dichiarato dal segretario del Partito Socialista Olivier Faure, che fa parte del Nuovo Fronte Popolare, che l’alleanza di sinistra “presenti entro la settimana una candidatura” alla carica di primo ministro.
La sensazione, però, è che le cose potrebbero andare per le lunghe perché Macron sembra voler prendere tempo per studiare le proprie mosse, facendo all-in sul fatto che il Fronte di sinistra potrebbe spaccarsi proprio sul nome del primo ministro, così da trovare qualche sponda tra le fila di eventuali dissidenti di Jean-Luc Mélenchon, che rappresenta la gauche estrema, visto che la data cerchiata di rosso sul calendario è il 18 luglio, quando l’Assemblea nazionale dovrà votare il nuovo leader. Che la situazione sia molto ingarbugliata lo si capisce anche dal fatto che quando il premier in carica, Gabriel Attal, si è recato all’Eliseo per presentare le proprie dimissioni a seguito del voto, Macron gli ha chiesto di rimanere “per il momento” al suo posto così da “assicurare la stabilità del Paese”.
I rischi per la Francia
Infatti, questa, come spiegato dal ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, sarebbe a rischio in caso di stallo nella formazione del nuovo governo, ma anche dall’applicazione delle misure economiche di un esecutivo di sinistra: “La nuova situazione politica risultante dallo scioglimento dell’Assemblea presenta tre rischi principali. Il primo rischio è una crisi finanziaria e il declino economico della Francia; il secondo rischio è una frattura ideologica della nazione, che porta con sé liti incessanti ed esaurimento collettivo; il terzo riguarda il fatto che le forze dell’Assemblea nazionale sono disperse e le loro idee lo sono ancora di più, per questo abbiamo un urgente bisogno di coerenza e lucidità”.
Quella che, almeno fino ad ora, sembra mancare nella politica francese.