Nonostante il pessimismo e la distrazione l’Italia sta vivendo un momento di straordinaria mobilitazione popolare. Al centro ci sono quattro quesiti referendari che mirano a ridisegnare il panorama dei diritti del lavoro nel nostro Paese. La Cgil, promotrice dell’iniziativa, ha lanciato una sfida ambiziosa: raccogliere le firme necessarie per indire un referendum che cancelli gli attacchi ai diritti dei lavoratori degli ultimi anni, dal Jobs Act di Renzi in poi. E la risposta dei cittadini è stata travolgente.
Nonostante il pessimismo e la distrazione l’Italia sta vivendo un momento di straordinaria mobilitazione popolare
“Abbiamo già superato ampiamente le 850mila firme per ognuno dei quattro quesiti, quindi stiamo parlando di milioni di firme”, annuncia con orgoglio il segretario della Cgil, Maurizio Landini. Un risultato che va ben oltre le aspettative e che dimostra quanto il tema del lavoro sia sentito dagli italiani. Il primo quesito mira a ripristinare la tutela del reintegro per i licenziamenti illegittimi, di fatto abrogando le norme del Jobs Act che hanno reso più facile licenziare. Il secondo punta a garantire un lavoro dignitoso, intervenendo sulla disciplina dei contratti a termine. Il terzo si concentra sulla stabilità del lavoro, cercando di limitare e mettere un freno al dilagare del precariato.Infine, il quarto quesito affronta il tema cruciale della sicurezza sul lavoro, estendendo la responsabilità delle imprese appaltatrici in caso di infortuni.
Sono temi che toccano da vicino la vita di milioni di italiani. Lo sa bene Alessandro Barbero, storico e scrittore, che ha deciso di sostenere apertamente l’iniziativa: “Firmo per tutte le persone che non hanno potuto lottare, che hanno avuto indennizzi da fame e a cui continuano a proporre contratti a tempo determinato invece di un’assunzione stabile”. Parole che risuonano nel cuore di chi vive sulla propria pelle la precarietà e l’insicurezza del lavoro contemporaneo. La mobilitazione non si ferma ai confini nazionali. La Cgil ha organizzato una raccolta firme straordinaria che coinvolge diverse città europee, da Bruxelles a Barcellona, da Francoforte a Basilea. Un’iniziativa che dimostra come il tema del lavoro sia centrale non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa.
“Non ci siamo dimenticati dei 6 milioni di connazionali nel mondo, come spesso accade”, sottolinea Filippo Ciavaglia dell’area Internazionale della Cgil. Il successo della raccolta firme è ancora più significativo se si considera il contesto in cui avviene. In un’epoca di disaffezione verso la politica e di scarsa partecipazione, vedere centinaia di migliaia di cittadini mobilitarsi per una causa comune è un segnale forte. È la dimostrazione che la società civile non ha abdicato al suo ruolo politico, anzi lo sta rivendicando con forza. “Credo che sia un risultato molto importante, che indica la volontà dei cittadini e dei lavoratori di cancellare delle norme che hanno precarizzato il lavoro, lo hanno reso meno sicuro, hanno indebolito la vita delle persone, hanno abbassato i salari”, commenta Landini. “E credo che sia una domanda di libertà nel lavoro”.
La libertà nel lavoro, appunto. Un concetto che può sembrare paradossale, ma che in realtà è al cuore della questione. Perché, come sottolinea il leader dell Cgil, “una persona per essere libera non dev’essere precaria, deve avere uno stipendio dignitoso e non deve morire sul lavoro che fa, deve poter usare la propria intelligenza e potersi realizzare nel lavoro che fa”. Il referendum si configura così non solo come uno strumento di opposizione a determinate politiche ma come un’affermazione positiva di diritti.
È un modo per dire che un altro mondo del lavoro è possibile, un mondo in cui la dignità e la sicurezza dei lavoratori non sono optional, ma presupposti irrinunciabili. Indipendentemente dall’esito finale, questa mobilitazione ha segnato un punto di svolta. Ha dimostrato che i temi del lavoro sono ancora centrali nell’agenda del Paese, riportando l’economia reale come priorità. Al di là della propaganda il Paese è sfiancato da lavori precari e salari da fame. E non è finita qui. Perché mentre la macchina referendaria sul lavoro è in pieno movimento, all’orizzonte si profila già una nuova sfida.
Cgil e Uil hanno infatti annunciato l’intenzione di promuovere un referendum contro la legge sull’Autonomia differenziata. “Perché quella legge aumenta i divari e le diseguaglianze, non solo a danno del Mezzogiorno ma negando la crescita dell’intero Paese”, spiega Landini. È un’ulteriore conferma di come la società civile stia assumendo un ruolo sempre più attivo e propositivo nel panorama politico italiano. I referendum tornano a essere un simbolo di partecipazione democratica, un modo per riaffermare il primato della volontà popolare su temi cruciali per il futuro del Paese. È una lezione di democrazia che non può essere ignorata dai partiti. Mentre si ingrossano le file degli astenuti le iniziative politiche dal basso sono in ottima salute. A questo punto la domanda è lecita: non sarà che la crisi sia dei partiti e non della politica? Solo che per rispondere i leader dovrebbero avere coraggio, tanto coraggio.