Le elezioni in Francia sono un passaggio cruciale tanto per la partita che Ursula von der Leyen sta conducendo per la sua riconferma alla guida della Commissione Ue, quanto per quella, esterna – che la premier Giorgia Meloni è chiamata a giocarsi a Bruxelles per riuscire a strappare una delega dignitosa per l’Italia – e per quella tutta interna alla destra italiana ed europea.
Se Marine Le Pen dovesse spiccare il volo anche al secondo turno, il potere contrattuale del presidente francese Emmanuel Macron è destinato a indebolirsi. Idem l’asse franco-tedesco che sostiene la riconferma di Ursula.
Non a caso la candidata alla Commissione europea sta proseguendo nella girandola di incontri con le forze politiche – vedi i Verdi ieri – per garantirsi la sua elezione in Plenaria.
Le speranze di Meloni sulla sconfitta di Macron
Da un Macron ammaccato potrebbe trarre giovamento Meloni. Che punta a una vicepresidenza esecutiva economica che gli contende proprio Parigi. Per il presidente francese una “coabitazione” con la destra di Le Pen, infatti, rimetterebbe in discussione sia il nome francese da indicare per la commissione (l’inquilino dell’Eliseo vorrebbe ripresentare Thierry Breton), sia il portafoglio da affidargli.
Le Pen si è scagliata contro Breton e ha già chiarito che spetta al primo ministro indicare il commissario Ue e non al presidente. Dopo l’esplosione di entusiasmo dell’alleato leghista Matteo Salvini per l’affermazione della Le Pen, ieri Meloni ha rotto la consegna del silenzio. “Ho sempre auspicato a livello europeo che venissero meno le vecchie barriere tra le forze alternative alla sinistra, e mi pare che anche in Francia si stia andando in questa direzione”, ha detto.
“Per la prima volta – ha osservato Meloni – il partito di Le Pen ha avuto degli alleati già dal primo turno e per la prima volta mi pare che anche i Republicains siano orientati a non partecipare al cosiddetto fronte repubblicano. Noto qualcosa che in forme diverse avviene anche in Italia: il tentativo costante di demonizzare e di mettere all’angolo il popolo che non vota per le sinistre, è un trucco che serve a scappare dal confronto sul merito delle diverse proposte politiche. Ma è un trucco in cui cadono sempre meno persone, lo abbiamo visto in Italia, e si vede sempre di più in Europa”.
La sfida di Salvini a Meloni
Meloni deve guardarsi le spalle e in Italia e in Europa da Salvini. Che rischia di farle subire un imbarazzante sorpasso. Al nuovo gruppo europeo sovranista presentatodal premier ungherese Viktor Orban (Fidesz), con l’ex primo ministro ceco Andrej Babiš (Ano) e con Herbert Kickl (Fpö), liberal-populista austriaco in forte ascesa, guarda con interesse la Lega di Salvini.
“Se aderiremmo al gruppo dei patrioti lanciato da Orban in Europa? Unire chi mette al centro il lavoro, la famiglia, il futuro dei giovani mi sembra la strada giusta. È quel che la Lega auspica da tempo. Stiamo valutando tutti i documenti ma mi sembra la strada giusta”, ha detto Salvini.
E non è un caso che la riunione costitutiva del gruppo di Identità e Democrazia, di cui fanno parte la Lega e il Rn di Le Pen, sia stata rinviata dal 3 all’otto luglio. E già il partito della destra sovranista portoghese, Chega, ha annunciato di voler lasciare Id e di voler aderire al gruppo orbaniano dei “Patrioti per l’Europa”.
I movimenti nella galassia delle destre europee
Se davvero ci dovesse essere un rimescolamento delle alleanze, tale da prefigurare un matrimonio tra buona parte degli europarlamentari di Id e quelli del premier ungherese, verrebbe meno la narrazione del “terzo gruppo” di Ecr, di cui si vanta Meloni, sebbene sia stato ignorato dal duo Scholz-Macron nel momento delle scelte dei nuovi vertici europei.
A maggior ragione se i polacchi del Pis lasciassero Ecr. La premier potrebbe così essere ininfluente e nello scacchiere delle destre europee, scavalcata dai sovranisti del suo amico Orban, e a livello di governo Ue se non desse, in quest’ultimo caso, i suoi voti a Ursula. Ma se assicurasse i suoi voti alla candidata del Ppe, ai fini di uno strapuntino, risulterebbe incoerente e agli occhi della destra italiana e a quelli della destra europea. Meloni è al solito bivio ma qualunque strada imboccherà la vedrà perdente.