I rapporti sempre più saldi con la Cina di Xi Jinping, l’incontro di pochi giorni fa con il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un, e ora il summit con il presidente ad interim iraniano, Mohammad Mokhber. Sembra proprio che Vladimir Putin, vista la riluttanza degli USA e dell’UE a chiudere la guerra in Ucraina e i conseguenti rischi di escalation, stia cercando di ampliare il proprio sostegno internazionale, formando una coalizione alternativa a quella occidentale per mettere fine una volta per tutte all’unipolarismo americano.
Ma lo scopo dello zar non è solo quello di rinsaldare i pochi rapporti che ha ancora a disposizione, perché i suoi alleati, ognuno a modo suo, stanno dando una mano alla Russia. Stando ai rapporti delle intelligence occidentali, da Pechino riceve supporto tecnologico con cui compensa i ban dei Paesi NATO; dall’Iran acquista droni e missili; mentre dalla Corea del Nord ha stretto un patto per l’acquisto di 4 milioni di munizioni e, stando a quanto riporta l’emittente televisiva sudcoreana Tv Chosun, citando un funzionario del governo di Seul, anche soldati che già a luglio entreranno in azione nella regione di Donetsk.
Secondo le fonti, Kim si sarebbe impegnato con Putin per “inviare una grande forza ingegneristica a Donetsk già il mese prossimo”, con “lo scopo di ricostruire la città distrutta dalla battaglia”, ma la Corea del Sud sospetta che l’accordo prevederebbe anche lo schieramento di truppe regolari con compiti difensivi.
Ucraina, Putin stringe le alleanze con la Cina, l’Iran e la Nord Corea
Si tratta di un dubbio legittimo che deriva dal fatto che la Russia, dopo aver titubato per quasi due anni dal definire una “guerra” quella che sta combattendo in Ucraina, non ha richiamato alle armi i propri cittadini con una mobilitazione totale, preferendo rivolgersi il più possibile ai mercenari. Una strategia che sta portando avanti anche in questi giorni, visto che il capo del comitato investigativo della Federazione Russa, Oleksandr Bastrykin, come riporta Interfax, per rimpolpare i ranghi al fronte ha inviato circa 10mila immigrati recentemente naturalizzati, dopo aver intensificato gli sforzi per imporre la registrazione per il servizio militare tra i suoi nuovi cittadini, come è previsto dalla Costituzione.
“Abbiamo iniziato ad attuare le disposizioni della Costituzione e delle nostre leggi, secondo cui le persone che hanno ricevuto la cittadinanza (russa) devono registrarsi per il servizio militare e prendere parte all’operazione militare speciale qualora si presentasse tale necessità”. Un numero destinato ad aumentare, visto che Bastrykin ha detto che gli investigatori “hanno già identificato oltre 30mila persone che hanno ricevuto la cittadinanza ma non hanno voluto registrarsi per il servizio militare” e saranno costrette a farlo nei prossimi giorni
Sull’Ucraina, l’Occidente tira dritto
Quel che è certo è che le manovre diplomatiche di Putin fanno pensare che la Russia preveda un conflitto ancora lungo e dagli esiti imprevedibili. Proprio per questo il viceministro degli Esteri russo, Sergej Rjabkov, ha detto che lo zar vorrebbe apportare modifiche alla dottrina nucleare nazionale, spiegando che “la classica vecchia interpretazione della deterrenza nucleare non ha funzionato correttamente” e che “i provocatori occidentali devono capirlo”.
Un messaggio chiaro, ma che non sembra essere stato recepito dall’UE, visto che il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, parlando degli aiuti a Kiev in un punto stampa con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha detto che “è importante dare un segnale che non siamo intimiditi dalla Russia, che siamo assolutamente motivati e determinati. Perché sappiamo che l’Ucraina sta lottando per difendere il suo futuro, il nostro futuro e quello dei nostri figli”.
Chi, invece, sembra aver capito che di questo passo si andrà verso il disastro è la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan che, secondo quanto riporta la TV di Stato turca TRT, citando un funzionario del ministero della Difesa, “nessuno, soprattutto il nostro Paese, vuole un quadro cupo come quello della Terza Guerra Mondiale, ma comunque il nostro esercito è pronto per tutti i tipi di scenari”.
Veto di Orbán sugli aiuti militari Ue a Kiev
Il premier ungherese Viktor Orbán, allo stato attuale, non ha rimosso il veto sull’erogazione degli aiuti militari all’Ucraina, pari a 6,6 miliardi di euro (1,6 miliardi di rimborsi arretrati verso alcuni Stati membri e 5 miliardi di soldi freschi per il 2024). Lo riportano all’ANSA diverse fonti diplomatiche. A Budapest è stata offerta una deroga – simile a quanto ha fatto la Nato – ma, stando al consigliere di Orbán, i negoziati su questo sono ancora “in corso”. Non è chiaro al momento se si potrà trovare un’intesa in extremis prima della fine del Consiglio Europeo oppure le trattative si protrarranno.