Immaginate una parte politica ossessionata dalla cultura degli altri. Immaginate una parte politica ossessionata dal sapere degli altri tanto da bollarli come “professoroni”. Immaginatela per anni relegata all’opposizione mentre promette ai suoi elettori che “esiste un’altra cultura”, come se la cultura fosse il vezzo di riscrivere la storia o di piegare la realtà alle proprie opinioni. Immaginateli dopo una vita passata così mentre riescono a raggiungere il potere, straripanti di voglia di imporre la propria “egemonia culturale”.
Per prima cosa scambiano la capacità di costruire una cultura prevalente con la sordina messa alle voci avverse. Arrivano in Rai, storica costruttrice di cultura popolare, e dopo aver satenato il fuggi fuggi dei presunti volti (e voci) ostili si accorgono che, con i rincalzi scelti dai nuovi vertici da loro insediati, gli ascolti arrancano. Nel progetto un ruolo fondamentale ovviamente lo copre il ministro della Cultura. Al ministero arriva Gennaro Sangiuliano che il 6 luglio del 2023, da giurato del Premio Strega, ammette di avere votato libri che forse leggerà.
Poi si corregge. “Sì, li ho letti perché ho votato però voglio, come dire, approfondire questi volumi”, dice. Lo scorso 4 aprile il ministro ha spostato Times Square da New York a Londra. A gennaio dell’anno scorso ci ha spiegato che “il fondatore del pensiero di destra in Italia è stato Dante Alighieri” e ora ci spiega che “Colombo voleva raggiungere le Indie circumnavigando la terra sulla base delle teorie di Galileo Galilei”. Che non era ancora nato. Immaginate il naturale nervosismo di quella parte politica a fatica arrivata fin lì.