Una dopo l’altra, stanno venendo meno tutte le linee rosse che, almeno fino ad ora, hanno impedito al conflitto in Ucraina di trasformarsi in una guerra globale. L’ultimo paletto a venire meno, come sottolineato dal Cremlino con toni duri, è il ‘niet’ russo a colpire la Crimea con le armi occidentali, visto che le forze armate di Volodymyr Zelensky, utilizzando i missili a medio-lungo raggio Atacms di fabbricazione statunitense, hanno colpito Sebastopoli, causando 5 morti, tra cui 3 bambini, e oltre 150 feriti.
A darne notizia è il governatore della città, Mikhail Razvozhayev, secondo cui “Ben 151 persone hanno cercato assistenza medica dopo l’attacco. Ottantadue di loro sono state portate in ospedale. Oggi ho visitato gli ospedali dove stanno ricevendo cure” e la situazione è “drammatica”. Stando a quanto fin qui ricostruito, a causare il disastro è stato un missile Atacms che, dopo essere stato deviato dalla contraerea russa, è caduto su una spiaggia affollata nel nord di Sebastopoli. Un attacco che il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, non ha esitato a definire come “barbarico”, spiegando che Vladimir Putin “sa bene chi c’è dietro”.
L’Ucraina colpisce in Crimea con gli Atacms degli Usa
A chi si riferisca il fedelissimo dello zar è presto detto: gli Stati Uniti. Questo perché l’uso degli Atacms sul territorio russo è stato autorizzato dall’amministrazione di Joe Biden e perché questo sistema d’arma, data la sua complessità, richiede un coordinamento costante tra i centri di comando di Kiev e Washington, con questi ultimi che – almeno per il Cremlino – forniscono i dati di ricognizione satellitare con cui individuare e colpire gli obiettivi. Sostanzialmente la Russia ritiene Stati Uniti e Ucraina “equamente responsabili del raid sulla Crimea”, come ha riferito il ministero degli Esteri di Mosca all’ambasciatrice americana, che è stata convocata dalle autorità di Mosca per esprimere il proprio disappunto.
Un incontro ad alta tensione in cui sarebbero volate parole grosse e anche minacce. Stando a quanto riferiscono ai media occidentali alcune fonti ben informate, Mosca avrebbe detto molto chiaramente che, visto il “coinvolgimento diretto” degli Stati Uniti nel conflitto in Ucraina, con azioni “che provocano la morte di civili russi”, è inevitabile che ci saranno “conseguenze gravi”, anche se, almeno per il momento, non è stato chiarito quali possano essere.
Wasghinton e Mosca ai ferri corti
Da parte sua, Washington nega responsabilità e fa sapere di aver autorizzato attacchi solo entro 100 km dal confine, quindi comprendendo il territorio della Crimea, ed esclusivamente su basi militari. Una giustificazione che, però, non sembra adattarsi perfettamente a quanto accaduto nella spiaggia di Sebastopoli, dove non c’è alcuna struttura dell’esercito russo. Un attacco che, al di là delle responsabilità, oltre ad aumentare la tensione, rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol di Kiev, visto che il portavoce di Putin non ha perso l’occasione per girare la frittata a proprio vantaggio. Peskov, durante il suo punto stampa, ha invitato i giornalisti a chiedere ai suoi colleghi in Europa e negli USA “perché i loro governi uccidono i bambini russi”.
Poi lo stesso rappresentante del Cremlino ha tenuto a sottolineare che la Russia “non ha ricevuto messaggi di condoglianze dai Paesi ostili”, lanciando una pesante invettiva all’Occidente. Ma non è tutto. Putin sta sfruttando quanto accaduto in Crimea anche per ribadire la propria disponibilità a negoziare, tanto che Peskov ha aggiunto che “le proposte” per il cessate il fuoco formulate dallo zar “restano in vigore” come anche “le scadenze” per arrivare a un accordo. Una mossa diplomatica di pura propaganda che evidentemente mira a far passare il presidente russo come disposto a fermare le ostilità, quando non è affatto detto che le cose stiano così, a differenza di Zelensky, Joe Biden & Co, che continuano la loro politica bellicista perché “con Putin non si può trattare”.
L’Ue rinuncia a mediare e sull’Ucraina preferisce provocare lo zar
In tutto questo scenario che alimenta il timore di escalation, l’Unione Europea, anziché cercare di mediare per evitare il disastro, continua a limitarsi a fare da sparring partner degli Stati Uniti. Particolarmente indicative in tal senso le affermazioni della ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che a margine del Consiglio Affari esteri della UE, ha lanciato quella che a Mosca viene vista come l’ennesima provocazione: “Putin voleva annettere l’Ucraina, che invece ora è più vicina all’UE che mai. L’inizio dei negoziati di adesione con l’Ucraina e la Moldavia domani (oggi per chi legge, ndr) è un segnale importante”.