Il cammino verso la riconferma di Ursula von der Leyen si fa accidentato.A pochi giorni da un vertice cruciale dei leader dell’Ue, il sostegno che la presidente della Commissione europea sperava di ricevere da Renew Europe, uno dei suoi principali alleati, le sta scivolando tra le dita. Non è che l’inizio di una complessa partita a scacchi politica.
Jacob Moroza-Rasmussen, ex segretario generale dell’ALDE, riassume a Politico il problema in termini semplici: “La matematica non è dalla parte di von der Leyen in questo momento.” I numeri parlano chiaro. La decisione improvvisa del populista ceco Andrej Babiš di ritirare i suoi sette deputati da Renew ha inflitto un colpo pesante, riducendo i seggi dei liberali da 102 a soli 74. Il gruppo dei liberali è stato superato persino dai conservatori e riformatori europei (ECR), che includono i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
L’incertezza del sostegno di Renew Europe a von der Leyen
La situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che uno dei pezzi grossi dei liberali, il primo ministro olandese Mark Rutte, parteciperà al suo ultimo Consiglio europeo prima di assumere il nuovo ruolo di segretario generale della Nato. Senza Rutte, la dinamica interna di Renew potrebbe vacillare ancora di più.
Von der Leyen e il Partito Popolare Europeo (Ppe) hanno finora dialogato solo con i socialisti e democratici (S&D) e Renew, escludendo sia i Verdi che l’Ecr. Una scelta rischiosa, soprattutto in un Parlamento europeo dove i numeri contano più di ogni altra cosa. Se von der Leyen non riuscirà a raggiungere un accordo soddisfacente con questi partiti, il suo futuro come presidente della Commissione potrebbe essere in pericolo.
La presidente ha bisogno di 361 voti su 720 nel ballottaggio segreto previsto per il 18 luglio. Anche sommando tutti i membri di Ppe, S&D e Renew, si arriva a 398 voti, ma non tutti questi voti sono garantiti. Alcuni membri del Ppe e dell’S&D potrebbero non sostenerla e Renew sta perdendo pezzi. Una situazione di incertezza che non fa che aumentare la tensione.
“Siamo fiduciosi nel portare a termine un accordo al Consiglio europeo”, ha detto un funzionario del Ppe a Politico, mantenendo un velo di ottimismo. Ma il Parlamento europeo è un campo di battaglia diverso, dove le dinamiche possono cambiare rapidamente. Se i leader dell’UE ritengono che von der Leyen non abbia abbastanza sostegno, possono ritardare il voto dei deputati da luglio a settembre, come accadde con José Manuel Barroso nel 2009.
Strategia e sfide nel Parlamento Europeo
Simon Hix, professore di politica comparata, sottolinea l’importanza del Ppe, ma avverte che costruire una maggioranza stabile sarà arduo. “Non ci sono vere alternative a von der Leyen”, aggiunge Hix, suggerendo che offrire a Meloni un portafoglio di vicepresidenza potrebbe garantirle i 24 voti necessari.
L’equilibrio è precario. I socialisti e Renew, sebbene meno potenti del Ppe, sono comunque necessari in Parlamento. E i socialisti hanno avvertito chiaramente: il loro sostegno non è garantito se von der Leyen si avvicina troppo a Meloni o altre forze di destra.
Nel frattempo, i Verdi si fanno avanti, reclamando un posto nei negoziati. “Chiunque voglia maggioranze stabili può negoziare con noi Verdi”, ha dichiarato ieri Rasmus Andresen. Ma anche aggiungendo i Verdi, il rischio di non avere i numeri rimane, e potrebbe persino costare il sostegno all’interno del Ppe.
La mossa di Babiš di lasciare Renew potrebbe non sorprendere, ma le sue conseguenze psicologiche sul Consiglio europeo sono profonde. L’Ecr, ora più grande di Renew, potrebbe diventare più assertivo, complicando ulteriormente la situazione. Un negoziato inconcludente potrebbe portare a un pasticcio politico che nessuno desidera. Von der Leyen cammina su un filo sottile, sperando di non cadere nel vuoto dell’incertezza politica.