Il Tg La7 ha pubblicato in esclusiva un documento della Procura in cui si legge che Renzo Lovato, padre di Antonello Lovato, il 37enne che ha abbandonato sotto casa il bracciante indiano Satnam Singh dopo che quest’ultimo aveva perso il braccio destro in un incidente sul lavoro nella sua azienda agricola, è indagato da cinque anni per reati di caporalato in un altro procedimento. Spiace quindi per il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida che si è lanciato subito in difesa degli agricoltori, come se il caporalato fosse un fortuito caso alimentato dagli schiavi e non dagli schiavisti.
Nel frattempo scopriamo che Prakhash e Kamal Hinduja, origini indiane e passaporto britannico, membri della famiglia più ricca del Regno Unito, spendevano più per il mangime del loro cane che per lo stipendio di uno dei loro domestici, nella loro villa di Ginevra. Un giudice svizzero ha condannato gli Hinduja, il figlio Ajay e la moglie di lui Amrata a pene da quattro a quattro anni e mezzo di carcere per sfruttamento della manodopera e lavoro illegale, mentre è caduta l’accusa più grave mossa nei loro confronti, traffico di esseri umani. Il clan Hinduja è a capo di una multinazionale indiana che possiede solo in Regno Unito beni per 50 miliardi di euro, e ben di più nel resto del mondo: loro è per esempio la catena internazionale di alberghi Raffles. Eppure l’accusa è di avere ridotto i domestici letteralmente in schiavitù. Il retrogusto di fondo alle due vicende ha un nome impronunciabile che pochi si concedono il lusso di scrivere: il capitalismo. Forse sarebbe il caso di parlarne.