Giorgia Meloni aveva chiesto un referendum su se stessa per cambiare l’Europa. Un progetto ambizioso che si è rivelato più complesso del previsto, portando la premier italiana a confrontarsi con una realtà politica ostile e stratificata. La politica a Bruxelles non si fa con la propaganda. Nonostante l’incremento dei membri del suo gruppo europeo Ecr (Conservatori e Riformisti Europei), Meloni si trova ai margini delle trattative per le nomine della prossima Commissione europea, ben lontana dall’influenza che sperava di ottenere.
Giorgia Meloni aveva chiesto un referendum su se stessa per cambiare l’Europa
Macron e Scholz premono per accelerare il pacchetto delle nomine utilizzando il voto a maggioranza qualificata, strategia che escluderebbe Meloni e altri leader euroscettici come Orbán. Proprio ieri è stato stoppato l’ingresso di Fidesz, il partito del premier ungherese, in Ecr. Una scelta interpretabile come un passo di avvicinamento della stessa Meloni verso il Ppe (e il bis di Ursula von der Leyen). Ma l’accelerazione impressa da Macron e Scholz complica notevolmente le cose.
La premier italiana sta cercando di bilanciare diverse strategie. Da una parte, alza la tensione per ottenere condizioni migliori nelle trattative così da poter giustificare agli occhi del suo elettorato l’eventuale virata su von der Leyen, emblema di quell’Europa che la leader FdI prometteva di cambiare. Dall’altra, prepara un piano B: una possibile alleanza con Marine Le Pen, creando un fronte comune contro glii stessi Macron e Scholz. Un “coordinamento nero” che potrebbe rafforzare temporaneamente la sua posizione, ma rischia di isolare ulteriormente l’Italia in Europa e scatenare una battaglia contro Bruxelles, che alla lunga, tra procedure di infrazione e vincoli asfissianti del Patto di Stabilità, potrebbe rivelarsi un bagno di sangue per l’Italia.
Durante la festa del Giornale, Meloni ha criticato l’approccio frettoloso di Macron e Scholz sulle nomine, definendolo “surreale” e sottolineando la necessità di riflettere sulle priorità dei cittadini. Ma la sua opposizione sembra più un tentativo di complicare un accordo piuttosto che una reale possibilità di influenzare le decisioni. Le dinamiche interne al Ppe e al Pse aggiungono altri ostacoli. Manfred Weber, leader del Ppe, propone un dialogo con la destra per sostenere la rielezione di von der Leyen. Tuttavia, Donald Tusk e altri leader temono che Meloni possa rafforzare i nemici interni al loro partito, preferendo un’alleanza con Macron e Scholz. Questo scontro di visioni ha portato a una polarizzazione tale che rende difficile qualsiasi dialogo costruttivo, con Meloni sempre più ai margini.
La posizione di Meloni è fragile anche a causa delle dinamiche interne all’Ecr. Deve evitare l’emorragia di parlamentari e mantenere la leadership all’interno della destra europea, navigando tra le complesse dinamiche politiche europee per mantenere un ruolo rilevante per l’Italia. La pressione politica aumenta mentre cerca di bilanciare il supporto interno ed esterno, con contatti costanti con von der Leyen per negoziare un riconoscimento politico utile a legittimare un eventuale sostegno al suo secondo mandato. Le parole del Presidente Sergio Mattarella risuonano come un monito: l’Europa deve rimanere fedele ai suoi valori fondanti di pace, democrazia e coesione sociale. Valori che Meloni rischia di compromettere con le sue alleanze pericolose.
La promessa di cambiare l’Europa si scontra con la dura realtà delle trattative politiche
La promessa di cambiare l’Europa si scontra con la dura realtà delle trattative politiche, mettendo in discussione la capacità della premier italiana di realizzare il suo ambizioso progetto. Con un futuro incerto e acque politiche sempre più agitate, Meloni deve riuscire a tenere insieme le sue molte facce che fino a qui hanno giocato su diversi piani nel tentativo – finora fallito – di mantenere l’Italia al centro del panorama europeo. I prossimi giorni saranno cruciali per determinare se riuscirà a navigare attraverso queste acque turbolente o se verrà definitivamente relegata ai margini della politica europea.