Netanyahu non si ferma più, Israele a un passo dalla guerra con Hezbollah

Netanyahu non si ferma più, tra provocazioni e raid rende sempre più probabile un conflitto in Libano contro Hezbollah.

Netanyahu non si ferma più, Israele a un passo dalla guerra con Hezbollah

Se c’è una certezza, è che né le accuse di crimini di guerra dell’ONU né le richieste del G7 di fermare le ostilità sembrano convincere Benjamin Netanyahu a fermare il conflitto in Medio Oriente. Anzi, di giorno in giorno, il primo ministro di Israele continua a fare il bello e cattivo tempo, letteralmente ignorando ogni critica e sferrando micidiali offensive in tutta la Striscia di Gaza.

Che l’andazzo sia questo lo ha ribadito il generale Yaron Finkelman, comandante della regione militare meridionale di Tel Aviv, secondo cui “il piano è chiaro. Continuiamo ad andare avanti finché non raggiungiamo i nostri obiettivi”, anche a Rafah, e soprattutto fino alla definitiva “sconfitta di Hamas”. Parole a cui hanno fatto seguito i fatti, con diversi bombardamenti su tutta la Striscia in cui avrebbero perso la vita una decina di palestinesi.

Netanyahu non si ferma più, Israele a un passo dalla guerra con Hezbollah

Ma la situazione più incandescente è quella che si registra al confine con il Libano, tanto che dal G7 hanno fatto sapere di essere “particolarmente preoccupati per la situazione lungo la Linea Blu”, ossia la linea di frontiera tra i due Paesi, e chiedono di “riconoscere il ruolo stabilizzatore essenziale svolto dalle Forze armate libanesi e dalla Forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL) nel mitigare tale rischio. Esortiamo tutti gli attori coinvolti a dar prova di moderazione per evitare un’ulteriore escalation”.

Peccato che l’appello dei Sette sia caduto nel vuoto, visto che proseguono gli scambi di artiglieria tra l’esercito dello Stato ebraico e le milizie filo-iraniane di Hezbollah. Ad aprire le ostilità è stato il raid dell’aviazione di Tel Aviv nel sud del Paese, in cui ha perso la vita una donna e sono rimaste ferite ben 14 persone. Un attacco a cui hanno risposto i miliziani lanciando 35 razzi verso il nord di Israele, la maggioranza dei quali sono stati abbattuti dalla contraerea; alcuni di essi hanno causato danni nell’area di Kiryat Shmona, da cui ha avuto origine l’ennesimo incendio boschivo.

Un attacco a cui, nella più classica spirale di violenza, Israele ha contro-risposto in modo davvero sui generis: utilizzando una catapulta di stampo medievale, caricata con proiettili incendiari. Può sembrare una provocazione, ma in realtà quest’arma, come spiegato alla NBC News da un funzionario israeliano che ha chiesto di restare anonimo, è stata scelta per un preciso motivo: non rientra in nessun elenco di armi sanzionate.

Dopo le mosse di Netanyahu, sale la tensione

Il confine con il Libano è diventato anche un caso politico internazionale dopo che Emmanuel Macron ha annunciato di aver trovato un accordo con Joe Biden e Netanyahu per istituire un trilaterale per discutere una roadmap per disinnescare le tensioni fra il gruppo libanese e Israele.

Peccato che le cose non starebbero affatto così, visto che il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha escluso categoricamente l’adesione di Tel Aviv all’iniziativa promossa da Macron: “Mentre combattiamo una guerra giusta, difendendo il nostro popolo, la Francia ha adottato politiche ostili contro Israele. Così facendo, la Francia ignora le atrocità commesse da Hamas contro bambini, donne e uomini israeliani. Israele non parteciperà alla task force trilaterale proposta dalla Francia”.

Parole che hanno scatenato sia l’irritazione di Parigi sia quella del ministero degli Esteri di Israele, che ha rilasciato una dichiarazione stampa al vetriolo: “Disapproviamo gli attacchi del ministro della Difesa Gallant alla Francia. Al di là dei disaccordi esistenti tra Israele e Francia, le dichiarazioni contro la Francia sono errate e inappropriate”.