Dopo le dimissioni del ministro del gabinetto di guerra, Benny Gantz, il governo di Israele guidato da Benjamin Netanyahu è nel caos. Infatti, nel volgere di poche ore anche il membro del consiglio di guerra israeliano Gadi Eisenkot e il ministro Heli Trooper, appartenente al partito State Camp, hanno annunciato il passo indietro che, di fatto, apre alla possibile crisi di governo.
Un’eventualità che preoccupa non poco il primo ministro Netanyahu al punto che, secondo quanto riportano i media, avrebbe chiesto al leader dell’opposizione Gantz di riconsiderare la sua decisione di lasciare il governo di coalizione.
“Israele è impegnato in una guerra esistenziale su diversi fronti. Benny, questo non è il momento di abbandonare la campagna. Questo è il momento di unire le forze”, ha scritto Netanyahu su X (l’ex Twitter) commentando la decisione di Gantz. Un addio che rischia di avere strascichi ma a cui Netanyahu sta provando a resistere ribadendo la propria determinazione a proseguire nella guerra contro Hamas nonostante l’abbandono del leader centrista.
Israele, dopo Gantz altri due ministri hanno annunciato le dimissioni. Ma Netanyahu prova a resistere e chiede ai fuoriusciti di ripensarci per non causare problemi al Paese
“Cittadini di Israele, continueremo fino alla vittoria e al raggiungimento di tutti gli obiettivi della guerra, principalmente la liberazione di tutti i nostri ostaggi e l’eliminazione di Hamas”, ha scritto Netanyahu. “La mia porta rimarrà aperta a qualsiasi partito sionista che sia pronto (…) ad assisterci nel portare la vittoria sui nostri nemici e garantire la sicurezza dei nostri cittadini”, ha concluso il primo ministro facendo l’occhiolino a Gantz.
Parole concilianti che, però, difficilmente faranno cambiare idea a Gantz, ex ministro della Difesa ed ex capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane, che ormai da mesi non lesinava critiche al governo guidato da Netanyahu. Uno scontro frontale che lo aveva spinto a dare un ultimatum a Netanyahu, ormai tre settimane fa, con cui aveva chiesto di iniziare a pensare alla fine del conflitto e in particolare di preparare un piano per gestire la delicata fase post guerra.
Un appello caduto nel vuoto che ha spinto l’ex ministro a rassegnare le dimissioni perché, a suo dire, Netanyahu sta rendendo “la vittoria totale impossibile”.