Professor Piero Ignazi, politologo dell’università di Bologna, secondo molti osservatori, premier Giorgia Meloni compresa, questa tornata elettorale potrebbe essere la prima nella storia del Paese con un’affluenza inferiore al 50%. È d’accordo?
Io sono meno pessimista perché la questione europea è diventata molto più rilevante rispetto a 5 anni fa, quando votò il 56%. Se ci fosse una flessione dei votanti, sarebbe in linea con gli ultimi trend. Tuttavia, come elemento controbilanciante, rispetto alle elezioni precedenti abbiamo avuto la pandemia, con l’acquisto collettivo dei farmaci, l’autorizzazione a finanziare il Pnrr e abbiamo avuto il problema della guerra russo-ucraina, un coinvolgimento massiccio dell’Europa in quanto tale. L’Europa è divenuta molto più presente. È qualcosa che esiste, che decide molto più di prima. Non è più solo un universo di scambi economici, Erasmus, Schengen… ma è un qualcosa che è intervenuta negli ultimi anni in maniera molto diretta nella nostra vita.
Però i temi europei nella campagna elettorale sono stati tutt’altro che preminenti…
Affiorano qua e là, ma finché non avremo una lista unica europea per tutti gli stati, finché continueremo cioè ad avere tante elezioni nazionali, è chiaro che la preminenza andrà sempre ai temi nazionali.
È il sistema che porta quindi a “nazionalizzare” i temi?
È inevitabile. Anche perché non c’è oggi un tema fortissimo sul tavolo: se uno avesse detto “dobbiamo fare un esercito comune”, allora si sarebbe discusso di questo. Ma non c’è un tema messo in maniera così netta.
Tra quelli che comunque non si recheranno a votare, crede che saranno più i giovani o gli elettori di una certa età?
L’astensionismo è degli anziani, anche perché all’Europa si interessano di più i giovani.
La svolta bellicista ha cancellato il Green Deal, forse questo non invoglia i giovani – tendenzialmente più attenti alle tematiche ambientali – a votare…
Non credo, anche se poi il Green Deal è stato in realtà affossato dai trattori degli agricoltori… Tuttavia sì, può essere che l’oscuramento del tema ambientale possa aver smobilitato i giovani.
Meloni ha detto che queste elezioni saranno un referendum anche sui suoi due anni di governo. Crede che sarà così?
Un po’ sì, un po’ no. È uno dei tanti motivi che spingono a votare. Indubbiamente Meloni in queste elezioni si gioca molto, avendo personalizzato molto questo voto. Un risultato non positivo sarebbe un bel boomerang sulla sua testa. Ha molto sottolineato alcuni punti della sua azione politica sul piano interno ed internazionale, cercando di farne dimenticare altri.
Quale sono i fattori negativi che ha nascosto”?
I fatti negativi della sua azione di governo riguardano i mancati risultati ottenuti nell’ambito del Pnrr. In particolare la drammatica situazione dell’apparato sanitario, che versa in una situazione di pre-collasso.
E in termini di percentuali di voto, se pareggiasse quelli delle politiche sarebbe un buon risultato per la premier?
No, sarebbe pessimo! Vorrebbe dire che, nonostante tutto, non è andata vanti di un centimetro. Non parliamo se prende meno, sarebbe un vero fallimento.
E le opposizioni come le vede?
Per dirla alla romagnolo, sono un po’ “sbrindellate”.
Se si confermassero le percentuali previste dai sondaggi, potrebbe essere un booster per un nuovo Campo largo?
No. A meno che non escano risultati clamorosi, cioè negativi per una dei due partiti dell’alleanza. L’alleanza può andare bene solo se si confermano gli attuali rapporti di forza, con il Pd che non ha tentazioni di egemonia e i Cinque Stelle che non si sentono minacciati. Se la forbice si allarga, rispetto ai sondaggi, diventa tutto più difficile.
E se si confermassero, crede che il Campo largo ripartirà?
Su questo non mi pronuncio…