Davanti al perdurante stallo dei negoziati di pace al Cairo e alle continue operazioni militari di Israele in tutta la Striscia di Gaza, la tensione in tutto il Medio Oriente continua a salire pericolosamente. Dopo l’ennesima serie di raid dell’aviazione di Benjamin Netanyahu, con un primo blitz al nord che ha causato la morte di una quarantina di persone e un secondo attacco nel centro in cui hanno perso la vita cinque persone, tra cui il sindaco di Nuseirat, Iyad al-Maghari, non è tardata ad arrivare la dura risposta dei ribelli Houthi dello Yemen.
Le milizie sciite, decise a lanciare un messaggio alla comunità internazionale, hanno alzato la posta in gioco arrestando almeno nove dipendenti delle agenzie delle Nazioni Unite operanti nel Paese arabo. Tra i detenuti ci sarebbero dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani e del suo Programma alimentare mondiale (Pam), anche se, viste le poche informazioni, è probabile che siano state fermate anche altre persone che lavoravano per gruppi umanitari.
Medio Oriente, l’esercito di Netanyahu sferra attacchi su tutta la Striscia di Gaza e scatenano la reazione degli Houthi che sequestrano 9 dipendenti dell’Onu
Un botta e risposta che sta complicando ulteriormente i già difficili accordi di pace. A sostenerlo sono i mediatori egiziani che, per conto del presidente Abdel Fattah al-Sisi, stanno facendo gli straordinari per cercare di limare le enormi distanze tra le condizioni poste da Israele e quelle chieste dai terroristi di Hamas. Uno stallo nei negoziati che, secondo l’Egitto, dipende soprattutto dal governo di Tel Aviv che “rimane intransigente” al punto da “non voler cedere su nulla”, a partire dal “tenere chiuso il passaggio sul lato palestinese, impedendo l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza e impedendo anche l’uscita di palestinesi feriti e malati, stranieri e persone con doppia nazionalità”.
A pensarla diversamente sono gli Stati Uniti di Joe Biden che, al contrario, accusano Hamas di essere responsabile dei mancati progressi nei negoziati. Proprio per questo, secondo quanto riporta la CNN, è in corso un pressing da parte di funzionari statunitensi sui Paesi arabi affinché convincano i terroristi palestinesi ad accettare l’accordo di pace. Un lavoro ai fianchi che starebbe ottenendo dei risultati, visto che il Qatar avrebbe minacciato di chiudere l’ufficio politico di Hamas nella capitale Doha se il gruppo non accetterà il cessate il fuoco proposto dagli USA e rivisto da Israele.
Nel frattempo, a dimostrazione di come le parti in causa sembrino fare di tutto per sabotare le trattative di pace, l’agenzia di stampa statunitense Associated Press (AP) fa sapere che il governo Netanyahu si starebbe opponendo privatamente al tentativo degli Stati Uniti di approvare una risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che porterebbe a un cessate il fuoco a Gaza.
La provocazione delle destre israeliane manda in tilt il Medio Oriente
Se tutto ciò non bastasse, ad aumentare le tensioni ci ha pensato il ministro delle Finanze israeliano e leader della destra radicale di ‘Sionismo religioso’, Bezalel Smotrich, che è tornato a chiedere il ripristino degli insediamenti israeliani a Gaza, una volta sconfitto Hamas. “I nostri eroici combattenti e soldati stanno distruggendo il male di Hamas e occuperemo la Striscia di Gaza. A dire il vero, dove non ci sono insediamenti non c’è sicurezza”, ha tuonato Smotrich, sottolineando che è giunto il momento di ricostruire le colonie ebraiche nella Striscia, smantellate nell’agosto del 2005 come parte degli accordi per cercare di arrivare a una convivenza pacifica.
Tutte azioni che, inevitabilmente, mettono in difficoltà il primo ministro Netanyahu, che deve riuscire a bilanciare le richieste di Smotrich e del suo collega Itamar Ben Gvir, con quelle che gli arrivano dal ministro della Difesa, Yoav Gallant, che al contrario non ne vuole sapere di nuove colonie e spinge per affidare a ONU, USA e UE, la gestione della Striscia di Gaza.