Il Movimento 5 Stelle ha inserito nel suo logo per le europee la scritta “pace”. Giuseppe Conte, presidente M5S, la fine della guerra in Ucraina può davvero passare per lo stop alle armi a Kiev senza rischiare di fare un regalo a Putin? Cosa deve fare concretamente l’Europa?
“C’è già stato un momento, poche settimane dopo l’inizio delle ostilità, in cui lo spiraglio di un negoziato si era fatto concreto. I governanti occidentali, però, hanno preferito l’escalation militare. L’Europa deve mettere da parte la fallimentare strategia bellicista dell’invio di armi a oltranza e il velleitario tentativo di una vittoria militare sulla Russia. È il momento di incidere concretamente con una via diplomatica che è l’unica che può fare al momento l’interesse dei cittadini europei. Dobbiamo avere il coraggio di frenare, prima che si arrivi al baratro della terza guerra mondiale”.
Su Gaza l’Ue non ha una posizione netta. Perché nessuno riesce a condannare il governo israeliano? E se l’Ue riconoscesse lo Stato palestinese potrebbe davvero essere una svolta per questo conflitto?
“L’Europa e gli Stati Uniti hanno commesso l’errore di offrire copertura politica alla rappresaglia di Netanyahu sul popolo palestinese, che ha prodotto la morte di 35.000 civili morti. L’atroce attentato terroristico di Hamas non può giustificare l’azione del governo israeliano, lo ha riconosciuto anche la Corte penale internazionale. Il riconoscimento dello Stato di Palestina è il primo passo per perorare ancora la causa del ‘due popoli due Stati’. Il M5S su questo ha chiesto al governo un’azione immediata di riconoscimento, presentando per l’ennesima volta una mozione in Parlamento”.
Le elezioni del fine settimana potrebbero segnare un’avanzata delle destre in Europa: il Green Deal è a rischio in favore del riarmo?
“Vedremo se davvero sarà così o se invece, come noi auspichiamo, la vera sorpresa delle elezioni europee saranno le forze progressiste e pacifiste come la nostra. Il Green Deal non può essere a rischio perché dalla sua applicazione concreta dipende il futuro delle prossime generazioni. La corsa al riarmo drena preziose risorse che invece dovrebbero essere tutte indirizzate verso la transizione sostenibile, in particolare verso i cittadini più vulnerabili e le piccole e medie imprese che vanno aiutate a riconvertirsi. Questa cieca ossessione per la guerra rischia di distrarci dal vero obiettivo che si è posta l’Ue entro il 2050: la neutralità climatica”.
Restando a Bruxelles, i 5 Stelle non appartengono oggi a nessun gruppo dell’Europarlamento: avete già stretto un accordo per la prossima legislatura e non teme che rimanere esclusi da un gruppo possa costarti l’irrilevanza politica?
“In Europa quello che conta davvero non è l’appartenenza a un gruppo, ma la qualità del lavoro che si produce. Pur dalla collocazione non ideale dei non iscritti gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle hanno saputo distinguersi: sono stati i più ambientalisti e hanno raggiunto risultati molto più importanti dei membri di altri partiti che invece facevano parte di un gruppo. Il nostro obiettivo per queste elezioni è quello di incidere sempre di più in Europa sul tema della pace, della giustizia sociale, della transizione giusta e della lotta alla corruzione: questi sono i temi non negoziabili sui quali cercheremo delle convergenze in Europa”.
Tra le vostre proposte ci sono il Reddito di cittadinanza europeo e misure su salario e orario di lavoro: la direttiva Ue sul salario minimo non ha portato effetti concreti in Italia, pensa che possa andare diversamente con altre misure di questo genere?
“Ci batteremo affinché questo accada. Con la cancellazione del RdC, nel 2023 in Italia è stato raggiunto il record storico di poveri assoluti: 5,7 milioni. Di fronte a 3,6 milioni di lavoratori poveri, Giorgia Meloni ha affossato la nostra pdl sul salario minimo a 9 euro l’ora. Altro che ‘una del popolo’: lei, che vive di politica dal 1998, e gente come la Santanché, che in tv derideva un percettore di RdC e che oggi è incollata alla sedia malgrado l’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Inps per la cassa Covid, non hanno la minima idea di cosa serva realmente ai cittadini. Ecco perché su questi temi il M5S non intende mollare, tanto in Italia quanto in Europa. Ad essi associamo la riduzione dell’orario di lavoro – da 40 a 32 ore settimanali – a parità di salario. Dove questo modello è stato sperimentato è aumentata la produttività. Alla Camera c’è una proposta di legge a mia prima firma: voglio sperare che il governo non butti anche questa volta la palla in tribuna”.
Passiamo all’Italia e al rapporto con il Pd: senza un vero fronte unico non temete di consegnare a lungo il Paese alle destre?
“Noi dobbiamo offrire a tutti i cittadini le risposte giuste su cui ad esempio la destra sta fallendo: dalla sicurezza al carovita, dal lavoro alla sanità. Non ci sono temi di destra e di sinistra, ci sono temi giusti che sono sentiti da cittadini con diverse sensibilità politiche. Questa è la ragione per cui noi improntiamo le convergenze politiche sui programmi e mai su alchimie di palazzo. Il campo progressista può rappresentare l’alternativa, ma deve costruire una proposta politica credibile e coesa, non un cartello elettorale”.
Anche alle elezioni amministrative del fine settimana in Piemonte e in molti comuni andrete separati: una scelta dettata dal fatto che si vota anche per le europee con un sistema proporzionale o l’alleanza con il Pd è sempre più in alto mare?
“Il confronto è sempre vivo e il dialogo non si è mai spento. Però, come è accaduto anche in passato, ci sono territori su cui i punti programmatici di intesa si consolidano ed altri in cui invece non si realizza questa convergenza. Nelle elezioni amministrative, dove è alto il rischio di avere a che fare con signori delle tessere o qualche cacicco, il M5S propone intese basate esclusivamente sull’interesse dei cittadini”.
Negli ultimi mesi è emerso un dualismo Meloni-Schlein che, stando ai sondaggi, sembra premiare il Pd: la strategia della Schlein che si propone come alternativa a Meloni sta penalizzando lei e i 5 Stelle?
“L’alternativa a questo governo fallimentare non si costruisce con il teatrino polarizzante, con la ‘sfida a due’ su cui tanto ricamano i giornali o con un duello TV tra chi voleva aggirare la par condicio escludendo gli altri partiti da un confronto a beneficio dei cittadini. L’ho trovato un passo falso per Schlein: Meloni aveva una precisa strategia per evitare di essere incalzata e ha dettato le condizioni del gioco”.
La presidente del Consiglio, che come la Schlein e altri leader ha deciso di candidarsi in prima persona, ha intensificato la sua presenza mediatica e lanciato, a ridosso del voto, una serie di misure (dal decreto Sanità alla social card, per citare i più recenti) e iniziative, come l’ultima missione in Albania. Tutto a fini elettorali, come diversi esponenti M5S hanno sostenuto, o c’è qualcosa da salvare negli ultimi provvedimenti del governo?
“Pochi giorni fa dati di ufficiali ci dicevano che la media di attesa dei cittadini nel pronto soccorso è salita a 31 ore; la migrazione sanitaria – anche per una radiografia – è una triste e consolidata realtà italiana; il decreto per abbattere le liste di attesa è stato a sua volta messo in stand-by per mancanza di fondi. Cosa c’è da salvare? Eppure Giorgia Meloni – che ama definirsi ‘del popolo’ – spende quasi 1 miliardo di soldi dei contribuenti per confezionare in Albania un altro spot elettorale su una misura che non risolverà nulla sul fronte immigrazione. Quel miliardo, oggi come oggi, non avrebbe giovato più nella medicina territoriale delle zone più in sofferenza? O per sfoltire le liste d’attesa e rafforzare la pianta organica del personale?”
Qual è l’obiettivo minimo che ha fissato per i 5 Stelle? C’è una soglia al di sotto della quale considererebbe il risultato una sconfitta?
“Nessuna soglia, non siamo soliti parlare di percentuali, sondaggi e quant’altro. Abbiamo semmai un auspicio: che anche grazie al nostro contributo di trasparenza e credibilità i cittadini possano ricucire quello strappo con la politica che si è via via concretizzato nell’astensione. Dobbiamo tutti, come forze politiche, ambire ad una riduzione dell’astensionismo: sarebbe una vittoria importante per la democrazia”.