“Il partito è unito e compatto attorno al programma. Ringrazio Marco Tarquinio per il contributo che viene a portare e, negli anni in cui il centrosinistra sbandava sulle politiche migratorie, già allora le segnalava. Tante sono le cose che abbiamo in comune, su altre il suo pensiero non corrisponde al programma del Partito democratico. Abbiamo voluto allargare la scelta degli elettori”.
Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, in un’intervista a Corriere Tv, in vista delle Europee. “Questa campagna vede il Pd più unito e compatto che mai. Abbiamo messo in lista i nostri dirigenti, i nostri amministratori e le figure della società civile che hanno voluto arricchire. Sono molto orgogliosa di questa lista. Il mio mandato è ricostruire un’identità chiara di questo partito”, ha aggiunto.
Armi all’Ucraina: le distanze tra le posizioni nel Pd
I più dolci lo chiamano “pluralismo” ma negare che la trasformazione del Pd che ha in mente la segretaria Schlein sia un percorso accidentato diventa difficile. Qualche giorno fa alla proposta di Tarquinio di superare la Nato per una nuova alleanza europea hanno risposto piccati in molti tra i dem. Il presidente del Copasir Lorenzo Guerini ci ha tenuto a precisare che “di fronte al ritorno delle ambizioni di potenza della Russia, nessuno potrebbe sentirsi più sicuro senza la capacità di deterrenza della Nato”.
Il responsabile Esteri del partito, Peppe Provenzano, ha messo in chiaro: “Com’è noto, Marco Tarquinio è un candidato indipendente, le posizioni sulla politica estera e di sicurezza del Pd le esprime il Pd. E sono chiare e note. Le abbiamo ribadite nel programma per le Europee e, a chi vuole strumentalizzare, ricordo che la questione della Nato la sinistra italiana l’ha risolta con Berlinguer negli anni Settanta”.
Ma contro l’invio di armi non c’è solo il candidato indipendente ex direttore di Avvenire. “L’invio delle armi in Ucraina non ha funzionato. Dopo due anni dall’inizio della guerra, se fosse bastato il sostegno militare e l’invio delle armi, staremmo festeggiando l’Ucraina in pace”, ha detto qualche giorno fa Cecilia Strada, candidata indipendente (e capolista) nelle liste del Pd.
L’europarlamentare uscente (e ricandidata) Pina Picierno ha sconfessato Strada ribadendo la posizione del partito e il senatore Filippo Sensi ha sottolineato come “il Pd abbia sempre votato a favore”. Ed è vero. Nonostante il dibattito interno i voti del Pd in Parlamento sono chiari. La stessa scena l’abbiamo vista a Bruxelles.
Patto di Stabilità Ue: divergenze nel Pd anche su questo fronte
La segretaria Schlein ha contestato il Patto di Stabilità imposto da Bruxelles e ha accusato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni di averlo subito senza fiatare. Però quel Patto porta la firma di un dem che conta, Paolo Gentiloni, che per la Commissione europea si occupa proprio di economia.
E qui il cortocircuito ricomincia: Gentiloni difeso strenuamente da una parte del partito (qualcuno lo vorrebbe addirittura come prossimo segretario) e Gentiloni sanguisuga per un altro pezzo. La voce che circola sottovoce è sempre la stessa. Dicono che “la linea della segretaria è sicuramente più vicina alla sensibilità di Cecilia Strada”.
Raccontano che l’evoluzione del partito sia in corso, anche se lenta, anche se poco percettibile. E in effetti non è un segreto che gli eventuali buoni risultati dei candidati direttamente scelti dalla segretaria insieme a una buona percentuale del partito alle prossime elezioni europee potrebbero essere gli elementi che spostano ulteriormente l’asse. Ma allora rimane una domanda su tutte: perché non dirlo ad alta voce?