Un passo alla volta, l’Occidente aumenta il suo supporto a Volodymyr Zelensky, avvicinando forse senza rendersene conto il rischio di un’escalation incontrollata del conflitto ucraino. Prima il via libera per colpire con armi occidentali su suolo russo da parte di gran parte dei Paesi che sostengono l’Ucraina, poi le discussioni sull’opportunità di inviare addestratori a Kiev e ora gli Stati Uniti di Joe Biden hanno accordato il consenso a Zelensky per attaccare aerei russi anche oltre confine.
A darne notizia è il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale, John Kirby, il quale ha spiegato che “non c’è alcuna restrizione all’abbattimento da parte degli ucraini di aerei ostili, anche se questi non si trovano necessariamente nello spazio aereo ucraino, ma sorvolano la Russia”. Secondo il portavoce, le forze ucraine “possono abbattere gli aerei russi che rappresentano una minaccia imminente” come hanno fatto e continuano a fare “fin dall’inizio della guerra”.
Macron pronto a inviare militari in Ucraina
Caduto anche questo ennesimo tabù, di linee rosse – vere o presunte che siano – ne restano sempre meno. Un’altra potrebbe cadere nelle prossime ore in occasione delle celebrazioni del D-Day, ossia del giorno in cui avvenne lo sbarco in Normandia durante la Seconda guerra mondiale, quando Emmanuel Macron potrebbe annunciare, secondo quanto anticipato dai media francesi, l’invio di addestratori militari a Kiev da parte di un ristretto gruppo di Paesi, tra cui figurerebbe la Lituania. Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, pochi giorni fa aveva infatti dichiarato: “Siamo pronti a unirci a una coalizione guidata dalla Francia che addestrerebbe i soldati in Ucraina”.
Un altro Paese che starebbe valutando la proposta è la Polonia di Donald Tusk, che ha più volte espresso la volontà di tenere aperta ogni porta pur di sconfiggere l’esercito di Vladimir Putin. Molti altri Paesi, invece, hanno già escluso di far parte della coalizione, tra cui gli Stati Uniti di Joe Biden, la Germania di Olaf Scholz, la Spagna di Pedro Sanchez e l’Italia di Giorgia Meloni. Questi ultimi hanno sollevato dubbi riguardo a quest’azione che, secondo loro, potrebbe condurre all’escalation del conflitto. A spiegare la posizione di Roma è stato il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, secondo cui “non c’entra niente la campagna elettorale” con l’autorizzazione all’uso delle armi della NATO per colpire obiettivi militari in territorio russo.
“Si parla di vite umane, e quando si parla di guerra con lo spettro della Terza guerra mondiale siamo molto prudenti. Siamo sostenitori della pace, ma mandare soldati italiani a combattere è un errore. Usare le armi per colpire obiettivi in territorio russo per me è un altro errore. Altro è inviare armi per proteggere la libertà e l’indipendenza ucraina,” ha concluso Tajani. Parole a cui si è accodato anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto: “Stiamo aiutando l’Ucraina a difendersi dagli attacchi, non vogliamo che ci sia un’escalation ulteriore, il mondo non ne ha bisogno”.
Ucraina, per Isw la Russia viola le convenzioni sul genocidio
Mentre la politica dibatte su come aumentare il sostegno a Zelensky e il Cremlino risponde parlando di “ritorsioni inevitabili” per i Paesi che aumenteranno il loro supporto, al fronte si continua a combattere. Da un lato, prosegue l’avanzata delle forze di Mosca; dall’altro, l’Ucraina, che, secondo il New York Times, avrebbe già iniziato a usare armi occidentali per colpire il territorio russo. Un conflitto sanguinoso che sembra sempre più lontano da una soluzione e da cui emergono anche ulteriori crimini di guerra. L’ultimo di questi è stato denunciato dal think tank statunitense ISW, che ha riportato un’inchiesta dell’opposizione russa Doxa e del canale open source Kidmapping.
Da questa emerge il ruolo della Chiesa ortodossa russa, sostenuta dal Cremlino, nella russificazione dei bambini ucraini che le autorità russe hanno deportato in Russia nell’arco degli oltre ventotto mesi di guerra. Un modus operandi che, secondo l’ISW, equivale a una violazione della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, visto che quest’ultima proibisce categoricamente “il trasferimento forzato di bambini di un gruppo ad un altro gruppo”.