Nei giorni scorsi in America è stata ricordata la strage di due anni fa nella scuola elementare di Uvalde, nel Texas: un diciottenne sparò, uccidendo 19 studenti e 2 insegnanti. Ma perché in Usa e solo in Usa avvengono queste stragi?
Carlo Rauso
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Gentile lettore, la strage di Uvalde fu la 27esima sparatoria a scuola negli Usa dall’inizio dell’anno: tolti i week end, una ogni quattro giorni. Nulla di simile accade nel resto del mondo. La diffusione delle armi conta, ma i fucili non sparano da soli. Il fatto è che il fenomeno è sistemico, di natura sociale e culturale, basato sull’assunto che ogni problema, individuale o collettivo, alla fine va risolto con la forza. Questa mentalità permea il popolo americano e la sua leadership. Trump e il procuratore del Texas proposero di armare gli insegnanti, facendo ridere tutto il mondo. Se l’immagina una maestra sui 50-60 anni con il mitra sulla cattedra che, vedendo entrare un uomo armato in classe, imbraccia l’arma e spara a raffica? Quanti alunni morirebbero nel fuoco incrociato? E ai bambini di 6-7 anni sarebbero date pistole semiautomatiche e bombe a mano? È un’idiozia che solo in America può trovare spazio. Se pensiamo che da quella classe dirigente dipendono le sorti del pianeta, ci trema il sangue ai polsi. Il problema non è nei troppi fucili in circolazione: il problema è culturale, di mentalità. È una società nutrita di violenza. In Usa ci sono più armi che cittadini. Sa qual è l’altro Paese al mondo con più armi che abitanti? La Svizzera. Lei ha mai sentito di una strage a scuola in Svizzera? Il problema dunque è nella testa, non nella fondina.
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