Si avvicina il momento della resa dei conti per i gruppi politici del Parlamento europeo. La notte elettorale del 9 giugno dirà come si divideranno i 720 membri eletti della nuova assemblea di Strasburgo e chi saranno i vincitori e i vinti del voto cruciale per il futuro dell’Unione. Gli animi e le ipotesi sui nuovi equilibri politici si surriscaldano. Il rischio è che il voto stravolga la geografia dell’emiciclo, con la destra nazionalista e sovranista in netta ascesa secondo le proiezioni degli esperti.
Un quadro che desta forte preoccupazione per le sorti della maggioranza europeista finora guidata dal tridente PPE-S&D-Renew. Gli scenari tracciati dai ricercatori Simon Hix e Kevin Cunningham dell’Istituto per le politiche europee dell’Università Bocconi sono allarmanti: i tre gruppi moderati perderebbero la maggioranza assoluta, con l’ago della bilancia che penderebbe decisamente verso la destra radicale. Uno scenario apocalittico per il fronte europeista che rappresenterebbe invece un grande successo per i falchi sovranisti come Viktor Orban e Marine Le Pen, da tempo alla ricerca di un’Unione meno integrata e più rispettosa delle prerogative nazionali.
L’ascesa dei sovranisti
Secondo le proiezioni di Hix e Cunningham, il Partito Popolare Europeo (PPE) si confermerebbe prima forza politica con 183 seggi, seguito dai Socialisti&Democratici (S&D) con 131 deputati. È però la terza piazza di Renew Europe (84 seggi) a far rabbrividire i pro-europei: il gruppo liberale guidato da Emmanuel Macron sarebbe insidiato dagli euroscettici dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR) con 78 eletti e dall’ultradestra di Identità e Democrazia (ID) con 72 seggi.
Un’evenienza che sposterebbe il “baricentro decisionale” dell’Europarlamento marcatamente a destra. La minaccia di una maggioranza alternativa, e potenzialmente anti-europeista, non è più una fantascienza: “Le famiglie nazionaliste ECR e ID insieme potrebbero raggiungere più seggi dei Socialisti”, avvertono con fin troppa chiarezza Hix e Cunningham nelle loro proiezioni. Sul piatto ci sarebbe la futura leadership della Commissione europea e le politiche dell’Esecutivo di Bruxelles nei prossimi cinque anni.
In caso di sconfitta del fronte europeista, le quotazioni di Ursula von der Leyen per un secondo mandato da presidente scenderebbero vertiginosamente. La chiave di volta per l’esito di questo “scontro di civiltà” tra l’anima sovranista e quella comunitaria potrebbe essere la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia sarà, secondo lo studio, “l’attore chiave” per la formazione di un super-gruppo nazionalista, capace di sbilanciare gli equilibri politici a Strasburgo. Meloni si trova di fronte a un bivio cruciale: sostenere von der Leyen e il campo europeista oppure convergere con Le Pen, Orban e l’ala più oltranzista del sovranismo per esportare il suo modello di destra-conservatrice anche in Europa. “Una decisione tutt’altro che semplice per la leader di FdI, certamente tentata dall’ipotesi di proiettare la sua maggioranza italiana di governo anche nell’emiciclo europeo per ridimensionare il ruolo delle istituzioni Ue”.
Gli scenari ipotizzati da Hix e Cunningham sono molteplici e coinvolgono tutto l’arco parlamentare. Gli esperti non escludono la formazione di un “nuovo gruppo a destra del PPE”, costola dei partiti nazionalisti attualmente al governo nei vari Paesi membri: dai polacchi di Diritto e Giustizia all’ungherese Fidesz di Orban, passando per Fratelli d’Italia, il Rassemblement National di Le Pen, gli olandesi della libertà e gli svedesi democratici. Un raggruppamento di questa portata scalzerebbe subito S&D come seconda forza dell’emiciclo, dando vita a una maggioranza sovranista senza precedenti e ridisegnando l’assetto dell’Europa.
Il bivio
Quello che fino a pochi anni fa sembrava un miraggio, oggi appare una concreta possibilità: i nazionalisti di estrema destra come Le Pen e i conservatori di Orban e Meloni farebbero cartello con l’obiettivo di riportare indietro le lancette dell’integrazione europea. “Potrebbe emergere un nuovo super-gruppo di tutti i partiti governativi di destra”, mettono in guardia Hix e Cunningham con uno scenario da incubo per gli europeisti. In questo caso il baricentro decisionale si sposterebbe ulteriormente, con le destre sovraniste in grado di mettere il bastone tra le ruote al processo di unificazione.
Seppur meno probabile, Simon Hix e Kevin Cunningham non escludono l’eventualità di una formazione a sinistra con posizioni anti-immigrati, con il Movimento 5 Stelle italiano e la tedesca Sahra Wagenknecht che potrebbero aggregarsi ai socialisti dissidenti di Smer per dare vita a un nuovo soggetto politico. Una mina vagante per gli equilibri a sinistra dello schieramento europeista, che finirebbe per disperdere ulteriormente il forte elettorato critico verso l’immigrazione.
Le proiezioni restano comunque semplici stime e il voto popolare del 9 giugno potrebbe ribaltare le previsioni. Ma la tendenza sembra chiara: la destra nazionalista e anti-sistema sta diventando una realtà pesante, con cui i tradizionali partiti europeisti dovranno sempre più confrontarsi nella prossima legislatura. Senza contare che un exploit dei sovranisti metterebbe a rischio anche i poteri e le attribuzioni del Parlamento stesso, con le forze nazionaliste da sempre critiche verso il processo di integrazione. Alla vigilia del voto tutto è ancora in gioco, compresa l’anima e il futuro dell’Unione europea. La partita si gioca sull’asse von der Leyen-Meloni: se prevarrà la linea europeista, l’Ue potrà rimanere unita e coesa. In caso contrario, con la vittoria del fronte anti-europeo guidato da Meloni, Orban e Le Pen, l’Unione potrebbe davvero spaccarsi con conseguenze imprevedibili per l’intero Vecchio Continente.