Da un lato, i tank di Israele che avanzano nel cuore di Rafah e i raid dell’aviazione che seminano morte e distruzione, dall’altro, le proteste della comunità internazionale per la situazione in Medio Oriente che chiedono lo stop a operazioni brutali ma senza mai affondare realmente il colpo.
Così, complice la scarsa presa di posizione dell’Occidente, il governo di Benjamin Netanyahu ha colpito per la terza volta in nemmeno 48 ore i campi profughi di Tal al-Sultan e di al-Mawasidi a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, causando complessivamente più di 80 morti, di cui 21 solo con l’ultimo raid. Uccisioni che portano il numero complessivo di vittime, registrato nella Striscia di Gaza in appena otto mesi di conflitto, a ben 36.171 unità.
A Rafah continua la furia di Israele
Un’offensiva spaventosa, iniziata subito dopo la richiesta della Corte dell’Aja di fermare le ostilità sulla città al confine con l’Egitto, che oltre a scatenare accese proteste internazionali, ha ravvivato anche gli attacchi di Hezbollah dal Libano e, soprattutto, delle milizie Houthi dello Yemen che hanno colpito con tre missili una nave cargo greca in transito nel Mar Rosso.
A dare notizia di questo attacco è il Comando Centrale degli Stati Uniti (Centcom), secondo cui i ribelli yemeniti “sostenuti dall’Iran hanno lanciato cinque missili balistici antinave” contro l’imbarcazione “mercantile Laax, battente bandiera delle Isole Marshall, di proprietà e gestita dalla Grecia” che “ha riferito di essere stata colpita da tre missili, ma nonostante ciò ha potuto continuare il suo viaggio”. Un’azione a cui ha risposto Centcom, con un attacco delle forze statunitensi che ha “distrutto con successo cinque sistemi aerei senza equipaggio sul Mar Rosso, lanciati da un’area dello Yemen controllata dagli Houthi”, in quanto tali sistemi “rappresentavano una minaccia imminente per le navi mercantili nella regione”.
L’imbarazzo sul Medio Oriente dell’amministrazione Biden
Dal canto suo l’Occidente, pur condannando la condotta militare del governo Netanyahu, appare sempre più spaccato. Così, mentre l’Unione Europea e la Lega Araba continuano a chiedere di fermare le ostilità, gli Stati Uniti preferiscono tenere il piede in due scarpe. Come fa sapere l’amministrazione di Joe Biden, le recenti operazioni israeliane nella città di Rafah “non hanno oltrepassato le linee rosse” fornite dagli Stati Uniti a Israele.
A spiegarlo è il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, John Kirby, secondo cui gli Usa “non stanno chiudendo un occhio” sulla difficile situazione dei civili palestinesi, ma si fidano di quanto riferiscono “gli israeliani che hanno definito il bombardamento dell’area umanitaria a Rafah come un tragico errore”. Poi, nel tentativo di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, Kirby ha aggiunto che “abbiamo detto che non vogliamo vedere una grande operazione di terra a Rafah che renderebbe davvero difficile per gli israeliani attaccare Hamas senza causare ingenti danni e potenzialmente un gran numero di morti” e, a suo dire, “non abbiamo ancora visto” un attacco in grande stile.
Lo scoop della Cnn che inguaia gli Usa
Peccato che i numeri delle vittime, oltre 80 in 48 ore, sembrano raccontare un’altra storia, come anche lo scoop della Cnn che in queste ore sta creando non poco imbarazzo alla Casa Bianca. Secondo la rete tv statunitense, che si è avvalsa di esperti militari americani, sulle tendopoli di Rafah sarebbero state utilizzate “munizioni prodotte negli Stati Uniti” e ciò in aperta violazione delle indicazioni fornite da Washington a Tel Aviv. Ma non è tutto. Gli Usa in queste ore stanno fronteggiando anche altri problemi nella gestione del conflitto in Medio Oriente.
Dopo aver annunciato in pompa magna la costruzione di un molo provvisorio che avrebbe dovuto far arrivare nella Striscia di Gaza una pioggia di aiuti umanitari, salvo poi riuscire a consegnarne ben pochi, la struttura è stata devastata dal maltempo e ora è stata chiusa in attesa delle riparazioni che verranno effettuate nel porto israeliano di Ashdod e che dovrebbero richiedere almeno una settimana per essere completate.