Un condono è già passato per decreto. Un altro seguirà, grazie agli emendamenti. È quello sui grattacieli fantasma, che il ministro Matteo Salvini ha promesso in regalo a Milano. E ieri l’ha ribadito: “Appena il decreto Salva-Casa “uscirà in Gazzetta Ufficiale, spero a ore, lavoreremo subito come gruppo Lega agli emendamenti perché ci sono alcuni interventi che io ho già pronti, che i parlamentari hanno già pronti: penso all’altezza dei soffitti, penso alla riduzione della superficie minima per l’abitabilità, penso alla norma salva Milano”, ha detto partecipando un evento di Assimpredil Ance.
I costruttori gongolano per le parole di Salvini
Musica per le orecchie dei costruttori, che infatti non hanno lesinato gli applausi. Del resto, sono loro i diretti beneficiari del colpo di spugna che cancellerà oltre trenta fascicoli aperti dalla Procura di Milano.
“Sul pregresso non entro nel merito delle inchieste giudiziarie, però una città come Milano non può fermare le autorizzazioni edilizie, non può fermare lo sviluppo della città – ha aggiunto Salvini, strizzando più di un occhio al mondo del mattone lombardo -. E quindi andiamo a fare un intervento per aiutare le centinaia di famiglie che vivono oggi in palazzi che non possono essere abbattuti evidentemente, quindi appena esce in Gazzetta Ufficiale” il decreto salva-Casa “il Parlamento sarà libero di proporre tutta una serie di migliorie, di interventi, di ulteriori passi in avanti ed è giusto che sia così, quindi sì”, la cosiddetta norma salva-Milano sarà un emendamento.
Anche Tajani si accoda
Ma ieri anche un altro ministro ha voluto dire la sua (ai costruttori), per assicurarsi il loro appoggio in vista delle elezioni. È Antonio Tajani, che a proposito di urbanistica, tema evidentemente a lui estremamente conosciuto, ha solennemente dichiarato: “A Milano ritengo che si debba affrontare il tema dal punto di vista normativo. Se non si risolve quello… ci sono troppe regole vecchie, poi aggiornate. Un gran casino”. “Il nodo non è il grattacielo di Milano, il problema è la situazione generale e le regole, che sono obsolete” ha aggiunto, sempre da tecnico.
Regina de Albertis la più felice: “Finalmente chiarezza”
Nessuno dei presenti ha però chiesto ai due ministri se sia il caso, in una città dove ti affittano per 1100 euro al mese, buchi da 30 mq, spesso con una sola finestra, di ridurre la superficie minima per l’abitabilità o l’altezza dei soffitti… Problemi che non toccano i ministro, ma che infiammano i cuori dei costruttori: “Con il decreto salva casa dopo anni di attesa si fa chiarezza e si risponde a una esigenza che viene dal basso, che semplifica la vita ai cittadini, sanando interventi minori, che però spesso impedivano di vendere la propria casa, ingolfando gli uffici con carichi burocratici inutili”, ha detto Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance.
“Ci paiono misure di buon senso, che vanno ad incidere su situazioni interne, facendo finalmente chiarezza rispetto a normative che si sono stratificate nel tempo, creando, di fatto, solo tanta confusione”, ha aggiunto.
Circa i grattacieli fantasma, spesso eretti pagando una parte infinitesimale degli oneri e grazie a interpretazioni molto “lasche” per i pm, Illegali) delle norme urbanistiche, De Albertis ha riproposto l’usuale ritornello: “Ora tutto è fermo a Milano. Le conseguenze le pagano in primis i cittadini che non trovano e non troveranno risposta alla loro crescente richiesta abitativa a prezzi adeguati e che vedranno limitato lo sviluppo della loro città, del loro territorio e delle opere pubbliche, che non potranno essere realizzate a causa del mancato introito degli oneri di urbanizzazione stimato in circa 150 milioni di entrate in meno per il 2024″.
“Io mi sento di affermare – ha proseguito -, rispettando sempre e comunque il lavoro che sta facendo la Magistratura, e lo faccio anche a nome dei miei colleghi associati, che il nostro operato ha seguito le regole che il legislatore, con le varie modifiche e innovazioni succedutesi nel tempo, ha posto per lo svolgimento dei procedimenti urbanistici ed edilizi, a tutela del suolo, del paesaggio, dei diritti di terzi: insomma, a piena tutela dell’interesse pubblico dei cittadini, del territorio, della città”. Il “presidio di queste norme è in capo a dirigenti e funzionari e a tutti gli uffici dell’amministrazione comunale e come ho già dichiarato mesi fa, a tutti loro, direttamente e personalmente coinvolti in queste vicende giudiziarie, va la nostra solidarietà e vicinanza”, ha sentenziato.
La richiesta a Salvini del Piano Casa bis
Ma, siccome Milano non si ferma (per dirla alla Beppe Sala), la presidente ha immediatamente rilanciato: “Questo decreto non risolve i problemi di casa, in particolare nelle aree a maggiore densità di domanda. Auspico, dunque, che il confronto continui e si possa mettere a terra il Piano casa, un provvedimento che aiuti a rivedere le strategie pubbliche per riqualificare e potenziare l’edilizia sociale, ma allo stesso tempo permetta di intervenire per aumentare l’offerta di housing sociale, ovvero di case a basso costo per chi non può affrontare l’acquisto o l’affitto. È questa l’offerta che manca, che rende il mercato della casa difficile e genera le tensioni che ben conosciamo”.
A pagare però deve essere il pubblico
Tutto giusto, ma verrebbe da chiedersi perché allora i costruttori milanesi negli ultimi anni si siano gettati nell’edificazione del segmento lusso, tralasciando quasi completamente il segmento medio e quello medio-basso? La risposta la dà la stessa De Albertis: “È chiaro, però, che l’attuazione non può ricadere sul solo settore privato: affinché ciò accada è necessaria una mobilitazione di tutti gli attori pubblici, secondo una visione strategica condivisa a diversi livelli politici e amministrativi. È necessario soprattutto un ingaggio dello Stato e delle Regioni come partner istituzionali e finanziari”. Tradotto: i soldi li deve mettere il pubblico, strano.