La difesa della lobby dei balneari vede da sempre compatto tutto il centrodestra. Ma perché la Lega, lunedì, non si sia espressa sulla mossa del partito della premier Giorgia Meloni lo abbiamo capito soltanto oggi.
FdI ha chiesto alla Camera di sollevare davanti alla Corte costituzionale il conflitto di attribuzione, perché a suo dire il Consiglio di Stato ha “invaso” la sfera legislativa del Parlamento con la sua ultima sentenza sulle concessioni balneari.
Se il partito di via Bellerio non aveva detto una parola è perché non voleva sfilare sotto la bandiera dei suoi alleati in un campo – la difesa dei privilegi dei signori degli ombrelloni – che da sempre lo vede impegnato in prima fila.
La proposta della Lega
Da qui la decisione di presentare, oggi, un emendamento al decreto legge Coesione in cui chiede “di riconoscere l’esito della mappatura del territorio costiero effettuato dal tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio, che ha individuato le aree disponibili per lo sviluppo dei servizi turistici ricreativi e sportivi secondo criteri quantitativi e qualitativi”.
E ancora: “l’introduzione di un indennizzo sul valore aziendale da riconoscere al concessionario uscente da parte del subentrante e un criterio di prelazione, sul modello portoghese, che ha recentemente visto l’assenso della Commissione europea”. A spiegarlo è stato il capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo.
“È giusto da un punto di vista formale sollevare il conflitto di attribuzione ma, nei fatti, il Parlamento deve riappropriarsi delle sue prerogative costituzionali: non possiamo delegare al Consiglio di Stato ma è nostro dovere dare risposte certe”, spiega Romeo.
Da tempo gli imprenditori balneari chiedono all’esecutivo un quadro normativo chiaro, dopo che il Consiglio di Stato ha bocciato la proroga al 31 dicembre 2025 dei bandi prevista nel Milleproroghe dal governo Meloni. Come ricordato nell’ultima sentenza, le concessioni sono scadute a fine 2023, con la possibilità di una proroga tecnica di un anno “in caso di difficoltà nel completamento della gara”.
Il muro di Bruxelles sui balneari
Peccato, però, che la richiesta della Lega incontri il muro dell’Europa. La Commissione europea ha mandato più avvertimenti, la procedura di infrazione è aperta e il deferimento dell’Italia alla Corte di giustizia europea sarà il prossimo passo senza un’intesa fra Roma e Bruxelles.
Il punto che impedisce a oggi un’intesa è che governo e maggioranza insistono sul fatto che la risorsa spiaggia non sia scarsa (requisito che consentirebbe di non applicare la Bolkestein) in base proprio alla mappatura realizzata dal tavolo tecnico aperto a Palazzo Chigi e che Romeo chiede che venga riconosciuta.
In base a quel tavolo, infatti, solo il 33% delle spiagge sarebbe occupato da privati. Ma la mappa è stata contestata dalla Commissione europea.
Rispondendo a una interrogazione dell’eurodeputata dei Verdi Rosa D’Amato, il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, a marzo, ha ricordato che la valutazione delle risorse naturali disponibili dovrebbe essere “reale e obiettiva”.
Non sono ammesse cioè mappe che contengono parti di litorale non idonee a ospitare stabilimenti balneari, ma funzionali solo a far massa e a confutare la direttiva Bolkestein. Ma il governo Meloni non sente ragioni, a partire dalla Lega.
Nel frattempo le Regioni iniziano a muoversi indipendentemente. La giunta della Toscana ha presentato una proposta per riconoscere un equo indennizzo ai concessionari uscenti. E quella della Calabria ha deliberato che sulle sue coste “non sarà applicata la direttiva Bolkestein”.