Un verbale di 27 pagine fitte. Le 167 domande dei magistrati Luca Monteverde, Federico Manotti e Vittorio Ranieri Miniati, e le altrettante risposte del grande accusato dell’inchiesta genovese Giovanni Toti. Ecco il frutto delle 8 ore di interrogatorio di giovedì, nelle quali il presidente ai domiciliari ha cercato di chiarire i rapporti con i fratelli Testa per le elezioni del 2020, i pagamenti delle cene elettorali, il pranzo sullo yacht di Spinelli, la vicenda della proroga del terminal Rinfuse a Genova.
Insomma in quel verbale, condito da molti “non ricordo”, “forse”, “sarà”, c’è la storia politico-economica di Genova dell’ultimo decennio. Se per l’avvocato di Toti, Stefano Savi, “il presidente ha spiegato quale sia stato il suo comportamento rispetto ai finanziamenti che sono avvenuti con la scrupolosa osservanza delle normative”, per gli inquirenti restano molti i fronti investigativi aperti.
La telefonata con Spinelli del 17 settembre
Del resto molto non è stato chiarito. Ad esempio, quando gli inquirenti gli hanno chiesto di spiegare le frasi intercettate il 17 settembre 2021, quando disse a Spinelli: “Il 29 va la tua roba, ricordati che io sto aspettando una mano eh?”, riferendosi alla proroga del Terminal Rinfuse, il presidente ha risposto: “Gli davo una buona notizia e cioè che il 29 andava all’ordine del giorno la sua pratica e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose, al massimo era una captatio benevolentiae, volevo far vedere che mi ero interessato”.
Toti: “Spinelli mi finanzia dal 2015”
E quando gli domandano se avesse chiesto finanziamenti all’imprenditore durante il pranzo sullo yacht nel settembre 2021, ha risposto: “Non lo ricordo ma è possibile. Il gruppo Spinelli inizia a sostenere i miei comitati politici dal 2015 e questo rapporto è durato sino a ora. Voglio precisare che è quindi possibile che avessi chiesto un finanziamento anche prima dell’incontro del 1° settembre 2021”.
Il presidente aggiunge però di “non ricordare di preciso” cosa rispose Spinelli alla sua richiesta. “Mi avrà detto – dice – che avrà fatto come sempre (…) poi scendendo dalla barca chiamai la segretaria perché mandasse la documentazione a Spinelli per fare il versamento”. Alla domanda dei pm su cosa significasse la parola ‘normale’ riferita al finanziamento, Toti ha risposto: “intendevo dire con la parola ‘normale’ che lo avrebbe fatto come sempre”.
E ai pm che gli chiedono se ci fosse una correlazione tra la seduta del Comitato portuale e il finanziamento, Toti ha detto: “dal mio punto di vista non c’è alcuna correlazione, dato che Spinelli mi finanziava da lungo tempo. Dal punto di vista di Spinelli lui è ‘uno che ci prova sempre’. Era comprensibile la sua insoddisfazione, Spinelli tutte le volte ti ricorda se puoi fare qualcosa per lui. Ripeto che non ho percepito alcuna correlazione”.
I soldi non dati per le elezioni a Savona
“Per quale motivo in data prossima al 30 ottobre 2021 scrive un messaggio a Spinelli in cui si lamenta di non aver visto nulla per le elezioni di Savona? Spinelli le aveva promesso un finanziamento per le elezioni di Savona? Quando gliel’aveva fatta la promessa?”, chiedono i pm e Toti: “C’era stato a un pranzo con tutto lo stato maggiore del Pd di cui aveva parlato la stampa e a cui aveva partecipato Spinelli. Non ricordo il momento preciso in cui mi aveva fatto la promessa. Preciso che nel frattempo avevo saputo che finanziamento di cui ho detto prima non era arrivato e quindi mi lamentavo, anche un po’ ironicamente, con lo stesso Spinelli”.
Il “problema risolto” a Spinelli jr
E ancora: chiedono gli inquirenti cosa intendesse quando comunicava a Spinelli di avere risolto il problema di suo figlio a Celle con il piano casa, lui risponde: “Probabilmente c’era qualche pratica che si era incagliata e quindi comunicavo a Spinelli che gli uffici della Regione avevano risolto i problemi. I miei riferimenti su questo genere di pratiche erano Cozzani o Marco Scajola”.
I voti della mafia e il “dialogo ironico”
Circa i voti che sarebbero stati pilotati dalla mafia, Toti ha ammesso l’interessamento diretto con i Testa per la sua candidata Cavo (non indagata): “Sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo, parlando con uno dei due Testa, Il senso del mio intervento fu di chiedere di dare una mano alla Cavo nonostante le incomprensioni che c’erano state”. Una delle accuse mosse è quella di voto di scambio, aggravato (per l’ex capo di gabinetto Matteo Cozzani) dall’aver agevolato la mafia. I due fratelli Arturo e Maurizio Testa, per l’accusa, erano i referenti della comunità riesina legata al clan Cammarata.
“Non ricordo che mi abbia parlato di richieste di posti di lavoro anche se era ovvio che i Testa avessero chiesto attenzione per la loro comunità… I fratelli Testa erano assillanti e presentavano persone chiedendo se potevamo dare una mano. Di certo non ho mai immaginato un collegamento diretto tra voti e posti di lavoro”. Come mai in una riunione Cozzani espresse il timore di “essere squartato” dai fratelli, chiedono i pm? “Era un dialogo ironico”, la risposta del governatore.