Come al solito, c’è poco da festeggiare. I dati sul mercato del lavoro in Italia continuano sì a essere tendenzialmente positivi, ma nascondono da una parte un rallentamento rispetto al passato e dall’altra una percentuale elevatissima di nuovi contratti precari. Ma andiamo con ordine. Dall’Osservatorio Inps sul precariato emerge che nei primi due mesi del 2024 sono stati attivati dai datori di lavoro privati 1.243.368 contratti, a fronte di 974.399 cessazioni.
Il saldo positivo è quindi di 268.969 posti, di cui solo più o meno la metà (139.967) a tempo indeterminato. Dati comunque positivi in assoluto, anche se inferiori rispetto a quelli registrati nei primi due mesi dello scorso anno, quando il saldo tra attivazioni e cessazioni era positivo per 299.932 contratti totali, di cui quasi 174mila stabili. Anche il saldo annualizzato (quindi le cifre degli ultimi 12 mesi) è positivo, ma in calo: a febbraio è pari a 488mila posti, ma negli ultimi cinque mesi era sempre stato superiore ai 500mila.
Inoltre, va sottolineato, sono in lieve calo anche le assunzioni totali rispetto allo stesso periodo del 2023: -1%. A fare la differenza, in questo caso, è la flessione dei contratti a tempo indeterminato, in calo del 4%. Mentre aumentano le assunzioni con contratti stagionali e intermittenti (+4%) e a tempo determinato (+1%). Quindi, cresce la precarietà. In flessione sono anche le trasformazioni da tempo determinato, in calo del 10% rispetto al 2023.
Lavoro meno stabile e più precario
A evidenziare come ci sia ben poco da festeggiare è la segretaria confederale della Uil, Ivana Veronese. Che accoglie positivamente il saldo in attivo tra attivazioni/trasformazioni e cessazioni, ma sottolinea come resti “il fatto che le aziende hanno attivato meno rapporti di lavoro a tempo indeterminato e in apprendistato rispetto al primo bimestre 2022 e 2023, con il risultato che 74 nuovi rapporti di lavoro accesi ogni 100 sono temporanei”.
Non scende solo il numero assoluto di rapporti stabili, ma anche l’incidenza “rispetto al totale dei rapporti attivati”, sottolinea Veronese. Infatti nel primo bimestre del 2022 il tempo indeterminato rappresentava il 22,7% delle nuove attivazioni, un tasso sceso al 22,5% nel 2023 e ora al 22%. Discorso simile per l’apprendistato, al 4,4% (e in calo rispetto al 4,8% dello scorso anno). Ovvero “l’unico strumento contrattuale che unisce formazione e lavoro”. La conclusione è semplice: il lavoro cresce (anche se meno che in passato), ma è sempre più precario. E per la ministra del Lavoro, Marina Calderone, c’è poco da festeggiare.