Dopo quasi otto mesi di sanguinosa guerra scatenata a Gaza, si stanno materializzando uno dopo l’altro i peggiori incubi di Benjamin Netanyahu. Infatti, nel volgere di poche settimane, la Corte dell’Aja ha assestato un altro durissimo colpo a Israele, prima chiedendo un mandato di arresto per Bibi, per il ministro della Difesa, Yoav Gallant, e per alcuni esponenti di Hamas, e ora, con un altro verdetto, ha ordinato a Tel Aviv di fermare “immediatamente l’offensiva a Rafah” e di mantenere aperto il valico al confine con l’Egitto al fine di far arrivare nella Striscia di Gaza gli aiuti umanitari che, come noto, troppo spesso sono stati bloccati dall’esercito israeliano.
Ma non è tutto. La Corte di Giustizia dell’Aja ha anche rimproverato il governo Netanyahu per aver più volte impedito l’accesso a Gaza del personale dell’ONU e degli investigatori internazionali, ordinando che simili atteggiamenti non si ripetano mai più e imponendo a Tel Aviv la presentazione di un rapporto entro un mese sulla situazione nella Striscia di Gaza.
Il verdetto dell’Aja
Come spiegato dai giudici, la decisione arriva dopo che le condizioni di vita della popolazione di Gaza e Rafah si stanno “rapidamente deteriorando” e la situazione umanitaria, “già grave da tempo, è ormai diventata catastrofica”. Insomma, per il presidente del tribunale, Nawaf Salam, è innegabile l’esistenza di un “rischio immediato” per il popolo palestinese e per questo “Israele deve immediatamente sospendere la sua offensiva militare o qualsiasi altra azione nel governatorato di Rafah che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica in tutto o in parte”.
Parole che di fatto ricalcano quelle della Corte Penale Internazionale (CPI) che, proprio per il presunto “genocidio” e per le violazioni dei diritti umani, nei giorni scorsi aveva chiesto l’arresto di Netanyahu e dei leader di Hamas.
La reazione furiosa del governo Netanyahu
Com’è facilmente intuibile, la decisione ha mandato su tutte le furie il governo dello Stato ebraico, con Bibi che ha convocato un consiglio dei ministri d’urgenza per discutere la risposta da dare alla Corte dell’Aja. Peccato che prima ancora di poter decidere come agire, i suoi ministri si siano lanciati in dichiarazioni scioccanti che alzano ulteriormente il livello di tensione. Il primo a parlare è stato il ministro per la Sicurezza nazionale di Israele e leader dell’estrema destra, Itamar Ben Gvir, secondo cui “la risposta alla decisione del tribunale antisemita deve essere di occupare Rafah e aumentare la pressione militare su Hamas finché non saremo vincitori”.
Non meno duro il commento del ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, secondo cui “la storia giudicherà chi si è schierato dalla parte dei nazisti di Hamas e dell’Isis” perché, secondo la tesi del politico ultraconservatore, “Israele è in guerra per la sua esistenza e chiunque gli chieda di cessare la guerra gli sta chiedendo di non esistere più”.
L’Occidente si spacca
Che la decisione dei giudici fosse nell’aria, lo si era capito da tempo. Proprio per questo il presidente americano, Joe Biden, poche ore prima del verdetto aveva preso le parti di Netanyahu & Co, ribadendo che gli Stati Uniti non riconoscono la giurisdizione della Corte su Israele. “La nostra posizione è chiara: non vi è alcuna equivalenza tra Israele e Hamas”, ha spiegato il leader americano.
Di tutt’altro avviso l’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, che ha risposto per le rime ai ministri israeliani e al presidente degli Usa, chiedendo loro “di non intimidire i giudici, di non minacciarli e di rispettare l’indipendenza” della Corte dell’Aja.