di Vittorio Pezzuto
Qui si coltiva un dubbio: non sarà che, con la sua fregola di ottenere la decadenza del Cav prima delle primarie, il Pd sta costruendo con le sue mani l’ennesimo autogol politico? «Guardi, magari fosse la prima volta…» ci risponde Michele Emiliano, sindaco di Bari apprezzato (anche) per la sua schiettezza. «Sia pure senza volerlo, l’attuale establishment del Pd è sempre risultato fondamentale per le favorevoli sorti di Berlusconi. Il quale non avrebbe mai vinto le elezioni se la sinistra italiana fosse stata aperta, intelligente, liberale. Tutti i nostri difetti congeniti – compreso un eccesso di tassazione a piè di lista dei costi dello Stato (tipica idea comunista fuori da ogni regola di mercato) – hanno concorso al suo successo. Se avessimo avuto come leader un Blair o uno Zapatero, sarebbe stato soltanto un allegro capo dell’opposizione. E probabilmente avrebbe avuto molti meno guai, sarebbe stato meno attrattivo per magistrati, giornalisti e nemici interni. Vede, Berlusconi è un grande imprenditore, sa fare le campagne elettorali ed è bravissimo con le donne. C’è una sola cosa che purtroppo non sa fare: il presidente del Consiglio. È cambiare l’Italia che proprio non gli riesce».
Per poterne votare la decadenza a voto palese, i suoi compagni di partito non hanno esitato a cambiare il regolamento al Senato.
«Un grave errore dal punto di vista della giustizia: le regole non si mutano in corsa e meno che mai per le singole persone. In realtà i dirigenti del Pd si sono resi conto che col voto segreto i loro stessi senatori, pur di non doversene andare a casa, avrebbero salvato Berlusconi e disintegrato il partito».
Sono gli stessi che considerano ai limiti dell’eversione il raduno di Forza Italia in difesa del Cav.
«Sarà una manifestazione sbagliata, greve e pasticciona. Alla Santanché, per intenderci. Ma mi rifiuto di pensare che il movimento berlusconiano abbia connotati eversivi, autoritari o violenti. Assisteremo semplicemente alle condoglianze da parte di un popolo che lo ama. Vede, Berlusconi esercita una leadership carismatica che non presenta alcun tratto anticostituzionale. In realtà ambisce a una sola cosa: essere immensamente amato. Oddio, non è che sia l’unico…».
Pensa a Massimo D’Alema?
«Citando Gesù Cristo, le rispondo: “Tu l’hai detto”».
Questa Legge di stabilità non le sembra una manovra di mero galleggiamento?
«Senta, questo governo è fatto nella sostanza di due poli opposti in tutto e che determinano un moto rotante simile a quello dei motori elettrici: l’esecutivo Letta gira intorno al suo stesso asse senza muoversi di un millimetro. Mancano poi la trasmissione, le ruote e la scatola dello sterzo. E soprattutto un autista capace che sappia dove condurre il tutto: questo governo non governa, opera senza ordine logico e priorità politica».
E infatti Forza Italia si è già sfilata via, lasciando gli alfaniani sulle loro poltrone.
«Questa separazione assomiglia a quella di alcuni coniugi che vogliono pagare meno tasse: è fasulla, fatta solo per interesse. Berlusconi ha già capito che il governo Letta sarà la tomba politica di chi lo sta sostenendo: gli mancano guida, energia e programma. E siccome il Pd la sua alternativa ce l’ha già pronta (e si chiama Matteo Renzi), lui sta lavorando di marketing per costruire una realtà che gli si possa opporre con efficacia. Ai banchi del governo ha lasciato i ministri del Nuovo centrodestra, ma si tratta di ostaggi senza alcun voto».
Adesso la responsabilità delle scelte dell’esecutivo ricadrà tutta sulle spalle del Pd.
«No, guardi. Questo governo è una responsabilità esclusiva del presidente Napolitano e di Enrico Letta. I vertici attuali del Pd sono minoritari nel partito e quindi non è neanche più sorretto da una maggioranza politica».
Non gli ha giovato sicuramente il caso Cancellieri…
«È un problema di Letta, che nell’imporre quella fiducia ha negato al povero Epifani il diritto di chiedere le dimissioni di un Guardasigilli ormai in una condizione insostenibile».
Avrà adesso l’autorevolezza necessaria per affrontare dossier delicati come l’amnistia e l’indulto?
«La Cancellieri non è un ministro dimezzato: è un ministro azzerato. Non potrà più toccare alcun argomento se non l’ordinaria amministrazione».
Lo sa che non si capisce granché della differenza di contenuti tra i diversi candidati alle primarie del Pd?
«Sono d’accordo. E infatti stavolta la diversità non sta nei contenuti ma nella coerenza. Cuperlo è erede di un ventennio di disastri causati da un partito che diceva una cosa per farne subito dopo un’altra: eleggeva Prodi e lo pugnalava, parlava contro la precarietà del lavoro e poi approvava leggi che la rendevano più violenta, e via andare. La vera differenza tra Cuperlo e Renzi sta appunto nella loro credibilità: il primo ha passato la sua vita nella stanza a fianco di quella di D’Alema, il secondo ha immaginato un progetto di radicale cambiamento del partito e dell’Italia».
Non cadrà vittima dei “vinceristi”, di quanti cioè non amano le sue proposte ma poi lo scelgono a denti stretti nella speranza che stavolta si possa vincere?
«La conversione del Pd alla sua impostazione liberale sarà definitiva e irreversibile. Siamo arcistufi che un piccolo manipolo di persone (che nel tempo si sono chiamati lothariani, tortellini magici, veltroniani…) reclami ogni volta democrazia e decisioni collettive per poi dar luogo a un rigoroso centralismo democratico, peraltro privo di un’ideologia di sostegno. D’altronde, proprio come Berlusconi, negli ultimi vent’anni tutti costoro hanno tentato inutilmente di cambiare il Paese. È quindi giusto che si ritirino dalla scena insieme a lui».
E Renzi?
«Non è mai stato un avversario di Berlusconi. La sua è tutta un’altra storia».