Nel giorno dell’anniversario del giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia insieme alla sua scorta a Capaci, nella sua Palermo si ritrovano i magistrati italiani con i magistrati con i colleghi dell’Iberoamerica per un’attività di coordinamento contro il grande business delle mafie: la cocaina. L’incontro è stato voluto e organizzato dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e per tre giorni, fino a venerdì, vede confrontarsi i protagonisti delle procure italiane e del Sudamerica.
La linea rossa tra Italia e Sudamerica collega le organizzazioni criminali brasiliane, venezuelane, messicane, colombiane con i loro “naturali alleati dei gruppi mafiosi calabresi e albanesi – ha spiegato Melillo – che hanno da tempo in qui paesi stabili ramificazioni, anche a fini di riciclaggio”. Per il procuratore antimafia “non sono un caso – con ha spiegato in una recente intervista a Repubblica – gli arresti di importanti uomini di ‘ndrangheta avvenuti recentemente in Brasile e Perù. Così come appare radicata quanto trascurata la presenza in America Latina di autentiche colonie mafiosi calabresi”.
Nel giorno dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone il procuratore nazionale antimafia Melillo riunisce magistrati italiani e sudamericani per coordinare le indagini in corso
Come ai tempi di Falcone e Borsellino le sostanze stupefacenti rimangono il business principale delle mafie, in primis la cocaina. Negli ultimi quattro anni i quantitativi di cocaina intercettati nel nostro Paese sono passati da circa 3 tonnellate e mezzo (2018) a oltre 26 tonnellate di sostanza sequestrata, il 77% delle quali presso le aree doganali marittime.
A fronte di una maggiore diffusione nel territorio non è cambiata nel tempo la concentrazione media (70%) di principio attivo rilevata nei campioni di sostanza analizzati. La spesa per il consumo stimata nel 2022 rappresenta poco meno di un terzo della spesa generale attribuita all’acquisto di sostanze stupefacenti e si aggira intorno ai 5 miliardi di euro.
Oggi in Italia è sostanzialmente un prodotto di massa: in poco più di vent’anni i prezzi sono crollati e la domanda è esplosa. Oggi i consumatori sono almeno mezzo milione, con 44 mila ragazzi sotto i 19 anni.
Il summit internazionale palermitano ha al centro anche i nuovi strumenti necessari all’evoluzione del traffico di droga internazionale
Il summit internazionale palermitano ha al centro anche i nuovi strumenti necessari all’evoluzione del traffico di droga internazionale. In un’intervista alla Rai dello scorso gennaio il criminologo Vincenzo Musacchio spiegava che i nuovi trafficanti di droga (spesso figli o parenti dei capi storici sudamericani) “sono in grado di gestire e finanziare l’intera operazione criminale senza mai entrare in contatto con la droga”.
Sfruttando le moderne tecnologie e la comunicazione satellitare “impartiscono ordini su lussuosissimi yacht o in terre, dove la legge, di fatto, non è pienamente efficace. Rimangono puliti perché raramente possono essere collegati a specifiche operazioni di traffico di droga o dove si trovano, non è possibile stabilire alcuna prova della loro colpevolezza perché le leggi di quel territorio non sono compatibili con le nostre legislazioni”.
“Il traffico degli stupefacenti è tornato ad essere un grande business per le mafie”, ha detto oggi il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, intervenendo a Palazzo Jung di Palermo alle celebrazioni in ricordo della strage di Capaci. Di droga si era occupato Giovanni Falcone nel suo impegno professionale, a partire dalla celebre operazione Pizza Connection in accordo con l’Fbi.
Falcone insisteva nel ripetere che solo con un maggior coordinamento delle indagini si potessero raggiungere importanti risultati contro le mafie. La Direzione nazionale antimafia fu una sua intuizione. Oggi la superprocura ha bisogno di diventare internazionale.