Sembra incredibile, ma a meno di 24 ore dalla richiesta di arresto per presunti crimini di guerra e contro l’umanità nei confronti del primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, del ministro della Difesa, Yoav Gallant, e dei leader di Hamas, dagli Stati Uniti di Joe Biden è arrivato il via libera all’operazione terrestre dello Stato ebraico su Rafah.
Dagli Stati Uniti è arrivato il via libera all’operazione terrestre dello Stato ebraico su Rafah
A rivelarlo è un analista del Washington Post secondo cui, al culmine di una lunga trattativa tra Stati Uniti e Israele, il governo di Tel Aviv ha deciso di accantonare i piani per una grande offensiva contro la città al confine con l’Egitto, preferendo un’azione ben più limitata che procederà “un quartiere alla volta”. In particolare, sulla base di confidenze di funzionari che hanno voluto mantenere l’anonimato, il giornalista ed esperto di geopolitica David Ignatius ha scritto che in questo modo Washington ha dato il via libera all’attacco.
Così mentre l’Unione europea si spacca tra chi difende Netanyahu & Co. davanti alle accuse della Corte penale internazionale (Cpi) e chi difende l’operato del Procuratore capo dell’Aja, gli Stati Uniti pensano bene di andare avanti nel sostegno a Israele. Del resto l‘esercito di Tel Aviv non sembra intenzionato a cambiare strategia e, infatti, prosegue con le sue offensive in tutta la Striscia di Gaza.
L’Idf riferisce che nell’area sono stati uccisi numerosi terroristi, localizzati razzi e equipaggiamento militare
Gli scontri più violenti si stanno registrando al campo profughi di Jabalya e, come facilmente intuibile, a Rafah. A dirlo è il portavoce militare dello Stato ebraico secondo cui a Jabalya i soldati hanno localizzato “un deposito di razzi e di postazioni di lancio in una moschea”. Anche a Rafah, prosegue il portavoce, durante le operazioni sono stati uccisi “numerosi terroristi, localizzati razzi e equipaggiamento militare nell’area”.