Meloni dice che TeleMeloni non esiste, ma i dati la smentiscono e mostrano che in realtà ha avuto più spazio dei precedenti presidenti del Consiglio. Sabrina Pignedoli, giornalista, europarlamentare uscente e candidata del Movimento 5 Stelle alle europee, esiste un controllo asfissiante del governo sulla Rai?
“Sì. L’insofferenza del centrodestra verso i giornalisti è evidente. Purtroppo i casi sono tanti: dall’attacco a Report e alle loro inchieste che da vent’anni sono il fiore all’occhiello del giornalismo italiano fino alle fake news contro il Fatto Quotidiano e la produzione Loft. Mi ha colpito molto lo sfogo della giornalista Enrica Agostini il giorno dello sciopero Rai: rivolgendosi alla stampa estera ha rivelato che nei suoi servizi di politica deve negoziare ogni singola parola con i capi piazzati dalla Meloni. Lei è forte a opporsi ogni giorno a questo sistema, ma quanti giornalisti precari e giovani, loro malgrado, si piegano?”
Secondo lei è il governo a esercitare pressioni sui telegiornali e sui programmi Rai o sono gli stessi direttori a cercare di compiacere eccessivamente il potente di turno?
“Questa è una bella domanda. Io credo che sia un circolo vizioso. Il giorno dello sciopero Rai la parola d’ordine dei direttori era mandare in onda i tg. Si voleva far passare l’idea che lo sciopero fosse fallito e soprattutto si voleva screditare chi alza la testa. Per certi versi è fisiologico che chi venga piazzato in un posto di prestigio sia poi accondiscendente verso chi lo ha nominato. Ecco perché dobbiamo recidere questo circolo vizioso e buttare fuori la politica dalla Rai. In questa legislatura al Parlamento europeo abbiamo approvato la direttiva anti-slapp per bandire le querele temerarie. Siamo molto orgogliosi di avere contribuito a mettere fine a questa pratica intimidatoria per i giornalisti che costituisce un attacco diretto alla libertà della stampa e all’indipendenza dei media. Andiamo avanti”.
Il duello tv tra Meloni e Schlein è saltato e la premier ha rifiutato l’invito di un confronto aperto a tutto i candidati: quella del presidente del Consiglio è una vera e propria fuga?
“Giorgia Meloni è allergica al confronto. Non accetta le domande dei giornalisti, non organizza conferenze stampa, si sceglie l’interlocutore nei dibattiti televisivi e i conduttori amici che poi fanno domande da zerbino. La verità è che teme un confronto vero con leader di partito che abbiano tutti le stesse possibilità. Questo perché il governo ha collezionato solo fallimenti in Europa, basti pensare alla riforma del Patto di Stabilità e al Patto asilo e migrazione che non risolve per niente il problema degli sbarchi nel nostro Paese. Se dovesse essere l’unica leader di partito a non presentarsi da Mentana getterebbe la maschera e farebbe una figura pessima davanti a tutti gli italiani”.
Cosa pensa dell’attacco di Bruno Vespa all’Agcom dopo i paletti fissati dall’Autorità sul duello tv?
“L’attacco è puerile. Vespa ha pensato di bypassare le regole che sono a garanzia di tutti i partiti e del pluralismo. Le elezioni europee si celebrano con un sistema proporzionale, invitare solo i rappresentanti di due partiti sarebbe stata una forzatura. Perché Vespa non invita tutti i leader?“
Durante l’iniziativa di ieri dell’Usigrai è stato lanciato l’allarme sulla situazione dell’informazione in Italia, sostenendo che ci sia stato un passo indietro di 20 anni: è davvero così?
“Esprimo grande solidarietà all’Usigrai per le battaglie che fanno in difesa di valori in cui credo molto, ma l’occupazione della tv pubblica da parte della politica non è una cosa nuova nata con il governo Meloni. Da sempre chi gestisce il potere pensa di usare a proprio piacimento la Rai. Ecco perché noi chiediamo a gran voce degli Stati generali della tv pubblica per riscrivere le regole della governance nel solco del Media Freedom Act approvato dal Parlamento europeo. Noi non dimentichiamo che l’attuale lottizzazione è stata favorita dalla legge Renzi approvata nel 2015 con i voti del Pd. Modifichiamola e liberiamo la Rai dai partiti”.
I problemi dell’informazione, però, non riguardano solo l’Italia: l’Osservatorio Ossigeno per l’informazione segnala i casi di giornalisti nel mirino tra querele e minacce: l’informazione vive una crisi globale? E su questo incidono molto anche le guerre in corso in diverse aree del mondo?
“L’informazione è sotto attacco ovunque. Dal 7 ottobre 2023 nella Striscia di Gaza sono stati uccisi oltre 120 giornalisti e il bilancio sale di giorno in giorno. Poi c’è il caso Assange che mi sta molto a cuore. Il prossimo 20 maggio si celebrerà l’udienza decisiva presso l’Alta Corte britannica. Contemporaneamente in Italia ci saranno tantissimi presidi organizzati dalla rete Free Assange Italia. Quello accaduto a Julian è emblematico di come il potere voglia manipolare l’informazione libera anche in Occidente. Tutti gli Stati europei devono prendere posizione sulla scia di quanto fatto dalla relatrice speciale delle Nazioni Uniti sulla tortura. Credo tuttavia che finora si sia fatto molto poco per favorire una soluzione a questo grave caso che vede Assange, cittadino australiano, detenuto senza un processo né un’imputazione in un carcere di alta sicurezza britannico, per il solo fatto di aver fatto conoscere al mondo gravi crimini di guerra”.
Il caso dello scrittore-insegnante Raimo, chiamato a rispondere per un suo post, è un ulteriore tentativo di cancellare la libertà di critica?
“Purtroppo la censura è l’atteggiamento prevalente di questo governo, mentre il diritto di critica è sancito dalla Costituzione”.