Arriva alla Camera l’ordine del giorno, a prima firma Costa, che trova il gradimento della maggioranza, in cui si chiede al governo di superare il trojan. Alessandra Maddalena, vicepresidente dell’Anm, le sembra normale che a una settimana di distanza dall’inchiesta sulla Liguria dove tale strumento è risultato decisivo, la politica valuti di eliminarlo?
“Guardi, ci sarà un Tribunale del Riesame che si pronuncerà a breve. Questa inchiesta, come tutte le altre, seguirà il suo corso, naturalmente nel pieno rispetto della presunzione di innocenza, che è un principio fondamentale di civiltà giuridica. Però trovo preoccupante che, ad ogni indagine riguardante un esponente politico di rilievo, segua una immediata reazione di una parte della politica volta ad indebolire gli strumenti di investigazione sul malaffare pubblico. Sarebbe come togliere ad un medico gli strumenti necessari per approfondire i gravi sintomi di una malattia. Chi lo vorrebbe mai? Da cittadina, prima che da magistrato, comincerei a sentirmi meno tutelata dallo Stato”.
Il procuratore Cantone ha spiegato che le nuove norme rischiano di rendere pressoché impossibili le indagini sulla corruzione. Lei è d’accordo?
“Sono d’accordo. Già con l’abolizione dell’abuso di ufficio si realizzerà un indebolimento della complessiva azione di contrasto al malaffare pubblico. Non bisogna dimenticare che tante indagini nate da tali ipotesi si sono poi sviluppate in inchieste su diffusi sistemi corruttivi. Eliminare poi l’uso del trojan per la corruzione significherebbe, di fatto, impedirne la scoperta nella maggior parte dei casi. Mi spiego. La corruzione per sua natura è un accordo illecito che i protagonisti hanno tutto l’interesse a mantenere segreto. Solo attraverso l’uso di sistemi ingegnosi e sofisticati, come il captatore informatico, si può sperare di contrastare il fenomeno in modo davvero efficace ed esteso. Chi propone l’eliminazione del trojan confida davvero nella onestà del corrotto o del corruttore di autodenunciarsi? Mi consenta di dubitarne. Peraltro, indebolire gli strumenti di investigazione sulla corruzione significherebbe ostacolare anche le indagini sulla criminalità organizzata. Non devo essere io a ricordare gli intrecci tra malaffare pubblico e crimine organizzato scoperti dalle forze di polizia e dalla magistratura grazie agli attuali mezzi di investigazione”.
Come si spiega il fatto che, di fronte allo scandalo in Liguria, i partiti di maggioranza non si pongano il problema della questione morale?
“Non ne faccio una questione di partiti di maggioranza o di minoranza. Come magistrato mi pongo innanzitutto il problema dell’efficacia dell’azione di contrasto a qualsiasi forma di criminalità, senza distinguere tra reati comuni o contro la P.A. Certamente, se non sarà più assicurata giustizia alla collettività di fronte ai fenomeni corruttivi, le ricadute negative sulla tenuta generale dell’etica pubblica saranno inevitabili. La corruzione in futuro dovrà essere vissuta dai cittadini come normalità?”.
Dalla separazione delle carriere ai paletti all’utilizzo delle intercettazioni, fino alla recente ipotesi di attenuare l’obbligatorietà dell’azione penale, qual è il suo giudizio sulla riforma della giustizia di Carlo Nordio?
“Se il Pm sarà allontanato dalla cultura della giurisdizione, con la separazione delle carriere, si trasformerà in un avvocato dell’accusa che non raccoglierà più prove anche a favore dell’indagato, come è tenuto a fare adesso in base all’assetto costituzionale e processuale in vigore. Se a questo si aggiungerà l’eliminazione della obbligatorietà dell’azione penale non sarà più garantita l’uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge. Ci saranno cittadini di serie A e cittadini di serie B e, comunque, solo i più forti potranno assicurarsi una buona difesa, mentre adesso il primo garante dei diritti dei cittadini, già nella fase delle indagini, è lo stesso Pubblico Ministero. Il valore fondante della obbligatorietà dell’azione penale si ricava, a mio parere, dalla stessa dichiarazione di Bordeaux che ci ha ricordato il Ministro Nordio al congresso di Palermo. Al punto 1) si legge, infatti, che “una decisione da parte del pubblico ministero di non esercitare l’azione penale deve essere soggetta a controllo in sede giudiziaria”. Esattamente l’opposto di quanto invocato da chi riteneva irrazionale un sistema che consentisse l’imputazione coatta da parte del Gip”.
Il ministro Nordio ha detto di voler dialogare in merito alla sua riforma con la magistratura, salvo poi affermare che la separazione delle carriere si farà comunque. L’Anm ha detto che non ci sono margini per trattare. Ci può spiegare come mai?
“Il Ministro Nordio ha tentato di rassicurarci ribadendo che l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura non saranno mai messe in discussione. Ma ha pure ribadito l’intenzione di portare avanti la riforma sulla separazione delle carriere e sull’assetto del Consiglio Superiore della Magistratura. Come ho detto prima, separare le carriere allontanerà il PM dalla cultura della giurisdizione con l’inevitabile conseguenza di attrarlo nella sfera di influenza del potere esecutivo. Con l’indebolimento del CSM, ridotto ad organo di mera amministrazione, il quadro sarà completato, con buona pace dell’autonomia e dell’indipendenza della Magistratura, a danno dei cittadini. Come si può pensare ad una negoziazione su principi fondanti dello Stato di diritto?”.
Con queste modifiche alla giustizia, le destre stanno coronando il sogno di Silvio Berlusconi?
“Guardi, potremmo andare ancora più indietro nel tempo, ma non mi interessa sapere a chi appartenesse questo sogno. Non vorrei che si trasformasse in un incubo per i cittadini, che rischierebbero di vedersi privati di una giustizia uguale per tutti. Piuttosto, le forze politiche dovrebbero impegnarsi seriamente a garantire al sistema giudiziario sufficienti risorse organizzative, finanziarie, materiali ed umane, come recita anche la Dichiarazione di Bordeaux”.